Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano
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mercoledì 5 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #03 - E i curdi?

Al camposanto, volendo, si imparano sempre molte cose. Per esempio si ripassa un po' di storia, sulla tomba di Ahmet Kaya, popolarissimo cantautore rivoluzionario curdo. Strenuo difensore dei diritti umani, le sue canzoni furono costantemente censurate dal regime turco, che lo accusava di essere un membro del PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan. Nel 1999, quando Erdogan era ancora sindaco di Istanbul,  Ahmet Kaya si rifugiò a Parigi dopo aver subito minacce di morte per aver dichiarato di voler cantare le sue canzoni in curdo. Venne condannato in contumacia a tre anni di prigione per "propaganda separatista". Qui morì per una crisi cardiaca nel novembre del 2000, a soli 43 anni. Nel 2021 la sua tomba fu profanata, coperta di ingiurie, l'immagine scolpita del suo volto fu presa a martellate. Al Père Lachaise, Kaya dorme oggi in compagnia di altre personalità curde esiliate in Francia, come il politico curdo iraniano Abdul Rahman Ghassemlou  o il regista curdo turco Yılmaz Güney. 

Memo: per superare il veto della Turchia all’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO, Recep Tayyip Erdogan ha chiesto che i due paesi ritirino le protezioni concesse ai dissidenti curdi, e che avviino le procedure per l’estradizione di decine di persone che la Turchia considera appartenenti a organizzazioni terroristiche

Ah, già, Erdogan...



martedì 24 gennaio 2017

Eterno riposo


A me i cimiteri piacciono. Incontro le storie del mondo, riconosco le vite dal colore di una pietra, dalle parole scolpite, dalle geometrie. Non provo tristezza. È come leggere un milione di libri. Inizio e fine di ciascuno. Di cimiteri ne ho visti veramente tanti.
In un'isola in Irlanda, accerchiata dalla marea, tombe scoperte e ossa antiche che sbucano ovunque. A Parigi, dove riposa il pensiero. In Spagna, con 
strane composizioni di fiori, un po' parossistiche.
I cimiteri ebraici di mezza Europa, spesso con le lapidi sprofondate, spezzate
e abbandonate, con i loro sassolini affettuosi. In Val d'Aosta, con le croci di legno a forma di baita, con balcone e vasi di fiori. E poi i cimiteri anglosassoni, prati di pace.
E quelli militari. E quelli di guerra, dolorosi. Piccoli o sterminati. Popolati da corvi, enormi e spettrali. Bui. Oppure luminosi, a picco sul mare, lo sguardo a Occidente.
Ho centinaia di foto, discrete e rubate, oppure pensate. Un paio di giorni fa sono stata al Monumentale di Milano. La visita era organizzata da una giovane guida appassionata di arte funeraria e prevedeva un percorso a metà fra il misterioso e l'inaspettato, dall'imbrunire.
È stato solo un primo assaggio di uno sconfinato universo immobile. Come si dice in questo casi: da rivedere.






mercoledì 27 luglio 2016

Il vuoto


Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
...
E. M.
(Questo è per te, lettrice che sai... scronf)

domenica 10 luglio 2016

Cuore freddo

Itinerario interessante fra morte e rinascita. Ho lasciato decantare "Riparare i viventi" per un anno, perché sono sempre sospettosa di fronte a successi editoriali con relative celebrazioni in ogni dove. Partendo dalla forma, la scrittura è epica, magnifica ma con uno stile fin troppo articolato, con riferimenti un po' esagerati da cogliere, soprattutto se si legge nottetempo o nelle attese della quotidianità. Poi a me personalmente piace la precisione nella narrazione, quindi niente da dire sulla perfetta aderenza del racconto al tecnicismo medico, da trattato di anatomia. Alla McEwan, per capirsi. L'autrice avrà chiesto una rilettura a un chirurgo e ha fatto bene, un certo distacco aiuta. Certo, un bell'esercizio, ma secondo me leggermente fuori contesto. Cioè, quando spieghi a una madre che suo figlio è morto, forse un livello più piano non nuoce. Detto questo, è bella l'idea di riassumere la vita di ogni personaggio che entra nella storia, sottraendolo così al ruolo funzionale per aprire altre storie dentro la storia, tra l'altro umanissime.
Ma: poi le devi chiudere, 'ste storie! Mi chiedo ancora come sia finita la vicenda sentimentale dell'infermiera o a chi siano stati impiantati i reni (e le chirurghe alsaziane?).

Insomma, visto che non si poteva menarla troppo lunga (per ovvie ragioni), a un certo punto Maylis de Kerangal ha sterzato e via, tutti a casa. E pazienza se manca qualche pezzo.
Romanzo corale, che abbraccia una storia di eccezionale normalità, solleva dal lutto per rigenerare speranza. Salvare il cuore, per salvare tutti. Riparare, questo, non lo so.

giovedì 7 luglio 2016

Rette parallele

Davanti all'Itis Galileo Galilei (così il titolo enorme sulla facciata) i ragazzi sono appollaiati sugli scalini, con le facce un po' nervose. Chi rilegge una pila di fogli, chi fuma, chi chatta freneticamente la sua ansia e la sua stanchezza.
Alla fermata dell'autobus di fronte, una coppia bianchiccia ed entusiasta, zainetto in spalla, chiacchiera a voce alta: ridono, i due, 
si abbracciano, si raccontano.
È finita, sì. La vita abissale si spalanca davanti a loro sul quel marciapiede e li inghiotte mentre scoppiano di felicità o forse solo di sollievo e chissà che cosa sperano o che cosa sanno o che cosa vogliono. Magari solo un pezzo di pizza e una dormita infinita. Un passo a due, un po' di fantasia. Dietro l'angolo, oltre la cancellata, c'è il giardino di un altro istituto, che confina con il Galilei. Altre facce, ma un po' storte, un po' deformi, molte assenti. Occhi annacquati, denti marci, mani grosse. Sono ragazzi anche loro, che non saranno mai maturi, né elettrotecnici, né ottici, né grafici, né al Galilei né altrove. Sono lì, seduti sulle sedie a rotelle o sulle panchine nella penombra, con altri giovani accompagnatori (anche loro con il cellulare e la sigaretta fra le dita). Aspettano non si sa cosa, forse solo un filo d'aria, prima di tornarsene dentro il cratere anonimo e ignorato della loro diversità. Rette che non si incontreranno mai. Vado oltre, perché attraverso ci sono già passata. E penso per un secondo alla mia maturità, gonnellina a righe, maglietta bianca, orologio prestato. La mamma, lì fuori, che mi aspettava, nascosta, quasi glielo dovessi, tutto.

giovedì 26 maggio 2016

La roba potente dove non ti aspetti

Io la natura la sottovaluto. Sempre. Me ne ricordo solo quando la stanchezza prende
il sopravvento e allora la desidero come un amante, oppure quando d'estate cammino a piedi nudi sull'erba, sull'orlo dell'abisso di qualche scogliera, e magari sono le dieci di sera,
il sole non ha voglia di andar giù e io non ho voglia di dormire. Lì penso "che roba potente, la natura", oppure "come mi cura la natura non lo fa nessuno al mondo". Poi però ricomincia la solfa della sopravvivenza alle circostanze, che già di suo non è proprio un valore aggiunto.

Oggi sono passata controvoglia da mio padre, perché lo sapevo che lui di sopravvivenza se ne intende da un po'. E oggi poi, particolarmente, perché è una data che gli fa male.
I suoi rimedi non gli sono più consentiti, quindi deve sottomettersi a quelli decisi dagli altri, tipo macedonia e un ritratto di Olga Peretyatko su Rai5. Ha spento il televisore, abbiamo
fatto il punto sulla giornata, un po' scontrosi. Alla fine, giusto per riempire un silenzio un po' antipatico, mi ha detto: "Lo sai che una merla ha fatto il nido sul balcone?".
Piano piano ho socchiuso la finestra, ho sbirciato fra i gerani nuovi e un oleandro enorme (ma da dove arriva?) che infatti protegge un portavaso laterale, appeso alla ringhiera. Lì ho visto il cestino tondo, lei che mi fissava, l'occhio sveglio, quello da mettere a fuoco quando si fanno le foto agli uccelli. Immobile. Marrone, il becco scuro, nascosta fra i fiori e una pianta grassa. Poi forse si è spaventata ed è volata via, lasciando le sue quattro uova incustodite. Avrei voluto scusarmi, il suo padrone di casa non la disturba mai, io sono stata una gran maleducata.

Spero che sia tornata, se mai avrà capito che non immaginavo di trovare la "roba potente" in casa di un signore che alla natura chiede ormai solo un po' di giustizia.

lunedì 11 gennaio 2016

Space Oddity (forever)

Ecco, un altro pezzo che si stacca. E lo so, l'età, il cancro, gli stravizi, la droga, tutto. Devo abituarmi. Adesso lo spazio è meno strano.

Far above the Moon
Planet Earth is blue
And there's nothing I can do.

lunedì 7 settembre 2015

Bitmap # Percezione/02

Non ricordare nulla, ricordare qualcosa, ricordare tutto.

Monkey World Ape Rescue Centre, Wareham, Dorset, UK (agosto 2015)

martedì 14 luglio 2015

Siamo feriti quanto basta

(la grande nostalgia: mi manca Jannacci, spesso...)

https://www.youtube.com/watch?v=0bZguPqe98A


Mario
forse l'unica cosa di buono che tu hai fatto nella vita
Mario
è non avere voluto figli
così non hai fregato il mondo
tra vent'anni chissà in quanti saremo
in quanti rideremo?
ma ci pensi, sul treno
tutti impazziti a chiederci dove andremo?

Mario
ma tu guarda i miliardi che spendono
a togliere i sassi alla luna nel cielo
questi prendono, vanno, tornano
non fanno niente, è solo un volo
noi quaggiù ci sbraniamo, gridiamo ti amo
e chi la sente la povera gente?

Gente
ognuno la pensa in maniera diversa
eh, ognuno ha la sua testa
per lo meno un figlio ti fa compagnia,
ma poi scappa e vola via
poi che c’entra la terra e la luna?
son sempre gli stessi ad avere fortuna

Mario
non ti resta che l'amore
Mario
hai capito la canzone

Mario
io ti vedo passare alle sei di mattina
te e la tua bicicletta
Mario
due speranze nel cuore, un po' di giardino
e un sogno, la tua casetta
alla sera ti fermi nel bar qui vicino
giusto per bere un bicchiere
e nel bianco degli occhi, nel rosso del vino
muoiono le sere

Mario
la domenica arriva sempre in ritardo
pallida e senza fiato
con te spaesato che inciampi negli anni
e anneghi in un quarto di vino
chi lo sa, forse è giusto, forse è un errore
chissà, sarà destino...

Mario
non ti resta che l'amore
Mario
hai capito la canzone

Mario
le slacciavi la gonna, sudavi, ridevi
ti spogliavi sempre in fretta
Mario
le dicevi, ti amo, ti voglio, sei mia
le offrivi la tua sigaretta
ma serviva soltanto per guardarla fumare
per scherzare con l’amore
ti serviva per darti dell’uomo
che spoglia ogni sera una donna diversa

Diversa
ma è anche diversa la sera
che si è regalata la tua donna
una sera più sua
o solo una sera diversa dalla tua
la tua è un ricordo e basta
la sua è un grande buco nero nella tua testa

Mario
non ti resta che cantare
Mario
non c'è più la tua canzone

Mario
ti ho sentito gridare, agitarti, spiegare
ho fatto una nuova scoperta
Mario
dicevi, adesso mi alzo
e vado ad aprire anche l'ultima porta
Ora esco, io provo a sparire
vado a dissolvermi in cometa,
quanto basta per non sentirlo più
il ritmo strano della vita

Mario
io faccio il cantante, è vero
e suono e vesto solo idee
ma lo stesso io dico
dov’è che si cambia sparandosi un colpo qui, in testa?
lascia fare alla vita questa vecchia fatica
siamo feriti quanto basta...

Mario
non ti resta che ascoltare
l'eco che hanno messo nel finale...

sabato 31 gennaio 2015

Vita, morte e miracoli

Sala d'attesa di un ospedale, alle 7 di mattina, con tutta la mia paccottiglia per lavorare, computer, cellulare, prolunghe, stampe, pdf... La giornata si preannuncia lunga, devono assestare il mio babbo. Sono nervosa, abbiamo anche litigato e si sa... Al tavolo vicino al mio, si siedono una dottoressa e una signora, giovane, ma con i capelli corti e bianchi. Inizia una conversazione molto intima, io continuo a battere le dita sulla tastiera, testa bassa, ma le parole mi trafiggono. "Questo è un discorso difficile... lo faccio a lei perché ho capito che siete una famiglia con cui si può ragionare apertamente... Il nostro ospedale è in contatto con... vi offriamo la possibilità di donare... non deve decidere adesso... ne parli con i suoi cari... sa, si scatenano tante emozioni... il senso di colpa, ma anche la gioia di poter aiutare qualcuno... non si vedrà nulla (..?...)... ". Sollevo appena lo sguardo. La signora sorride, sembra sollevata, non c'è un velo di angoscia sul suo viso, non una lacrima. "Sono molto contenta, certo, mi sembra una cosa bellissima... ora sento cosa ne pensano gli altri, ma so già che la mamma sarà d'accordo...". Si alzano, l'imbarazzo è meno palpabile, come se la crosta di ghiaccio sopra il dolore si fosse un po' sciolta.
Sento l'alito della morte che volteggia sopra di me, satura l'aria, dà la stura ai miei ricordi, al mio lutto grumoso, sento la bocca farsi amara. Poi penso che anch'io vorrei donare tutto e con un sorriso cinico cerco nel mio corpo l'organo meno malandato da offrire al mercato. Boh... Gli occhi no, sono miope. Il fegato no, il cervello non ne parliamo, le ginocchia... oddio... il cuore! Il cuore è sano. Sano ma spezzato. Sorrido, non si regala un cuore spezzato nemmeno al peggior nemico. 
Guardo fuori dai finestroni, dal settimo piano, si è fatta luce, si vede tutta la città. Laggiù ci sono anche le montagne... Per un minuto sogno di nuotare in mare aperto, con il blu sotto... 
Alle 7 di sera vado a casa. Ho rimesso tutto via, il pc, la prolunga, il pdf, il cellulare, il mio babbo finalmente assestato che mi ha chiesto se hanno eletto il presidente della Repubblica, nel frattempo. No, ho risposto, domani. Ormai convergono tutti su Mattarella. Se ti dimettono in tempo, te lo guardi alla televisione. La signora con i capelli bianchi è ancora lì. Incrociamo i nostri sguardi, con un sorriso dolce. Buonanotte. Buonanotte.

mercoledì 3 dicembre 2014

La vite tagliata

C'era dentro tutto, i libri, la poesia, l'amicizia, i figli, la malattia, la delusione, l'ideologia, la perdita, la morte, la ragione, il dolore. Tutto.
Quindi, alla fine de "La banda del formaggio", io ho pianto tanto, proprio come "una vite tagliata", come dice lui (Paolo Nori).

giovedì 20 novembre 2014

Rosso di mattina

Stamani all'alba il cielo aveva colori meravigliosi: rosa, fucsia, lilla...e qualche ombra scura. Ho scattato la solita foto. Rosso di mattina, la pioggia è vicina, ho detto. Con questo stato d'animo mi sono vergognata di me stessa, del mio Paese, dell'Uomo. Hanno ragione i giudici della Cassazione: il disastro è prescritto. Gli omicidi no. Migliaia di morti e quanti ne ce ne saranno. Non è successo niente. Tutti sapevano, pochi hanno guadagnato impronunciabili somme di denaro, gli altri sono morti. Mi scusi, se può, signora C., mamma della amica S., falciata dal mesotelioma. Uccisa a sangue freddo dall'Eternit e dal signor Schmidheiny, che non vuole più "processi ingiustificati".
E mi scusino tutti quelli che non conosco, che hanno fatto la stessa fine. Non sono stata capace di impedirlo.


giovedì 4 settembre 2014

Vergogna e gratitudine

E dunque il Consiglio di Stato ha con indegno ritardo sancito il diritto di Eluana Englaro a rinunciare alle terapie che la tenevano in stato vegetativo da un numero inammissibile di anni. Che qualcuno levi l'orrenda definizione di "assassino" a Beppino Englaro, uomo meraviglioso e inarrendevole, che ha amato sua figlia più di se stesso, camminando su strade di dolore e abnegazione. Che qualcuno senta la vergogna divorargli l'anima, che qualcuno lo ringrazi.

sabato 23 agosto 2014

Gli occhi di M.me Merrien

M.me Merrien ha gli occhi azzurri, è minuta, una cosina rinsecchita. Oggi ha 87 anni e una volta aveva un marito e tre ragazzi; il figlio è morto a 53 anni di cancro ai polmoni ("il fumo è una droga, credetemi"), e a lui rivolge le sue preghiere sottovoce, di nascosto, la sera (ma io le ho sentite).
Vive da sola, c'è un'infermiera che la mattina la aiuta a fare la toilette, a mettere le calze, e le dà l'abbrivio per cominciare la sua giornata. C'è anche qualcuno che le fa la spesa, e un fisioterapista un paio di volte alla settimana le massaggia la schiena e la accompagna a fare una passeggiata, o su per le scale del primo piano, quando se la sente. Si capisce che è una signora, e non perché non le mancano i mezzi. La sua più bella dote è la dignità. Una dignità sconfinata, incommensurabile, che abbaglia. La sua unica preoccupazione è quella di non disturbare mai.
Mi ha parlato della nuora, che ho visto una volta, una signora molto dolce e affettuosa. Mi dice che per lei è stato difficile, quando è rimasta sola, e che le è molto affezionata. Abita lontano, ma viene spesso a trovarla. La nipote, 30 anni, è Grande Ufficiale di Marina (tutto maiuscolo). Quando la nomina, le brillano gli occhi di orgoglio, dev'essere il suo gioiello, ciò che le rimane di suo figlio, una ragazza straordinaria, una carriera travolgente: al momento è imbarcata... ma appena avrà una licenza verrà a trovarla. In famiglia sono tutti ingegneri o ufficiali di Marina. Abbiamo chiacchierato tanto, nei giorni in cui siamo state insieme. Io seguivo un po' a fatica il suo eloquio ricercato e velocissimo, con un forte accento bretone. Mi ha raccontato molti momenti importanti della sua vita, quasi tutti belli. E su quelli brutti ha abbassato lo sguardo, con un filo di voce, dicendomi solo "è stata dura". Mi ha detto mille volte che avevo dei bei capelli e che anche lei un tempo aveva una chioma da invidiare. Le pesa questa piccola rinuncia alla vanità, le pesa come un macigno, ma si capisce che è un sipario per nascondere il dolore vero. Abbiamo parlato del futuro, di cosa l'aspetta; immagina di avere ancora una vita lunghissima e pensa a come riorganizzarla. Spera di "non perdere la testa, perché è terribile
": io l'ho confortata, sostenendo che il peggio sarebbe per gli altri, che non potrebbero più parlare con lei, persona così deliziosa. 
Quando ci siamo salutate, ho avuto invece l'impressione che il suo cuore fosse sempre più stanco, la sua voce più flebile e che il futuro... mah...  L'ho ringraziata per tutto l'esercizio del francese cui mi aveva costretto e che mi era stato così utile, date le circostanze. Le ho stretto le mani fra le mie è le ho detto "Madame Merrien, siate fiduciosa, andrà tutto bene", e i suoi occhi azzurrissimi mi hanno detto tutto il resto.

P.S.: se vi capita un guaio grande, e finite in ospedale, scegliete Quimper, in Bretagna.
Se sapete il francese bene, è meglio. E poi, lassù, così a ovest, il sole in estate tramonta alle dieci di sera, la morte sembra sempre un po' più lontana.

domenica 27 aprile 2014

Un bel dì vedremo

Teatro La Fenice, qualche giorno fa. Volevo solo entrare a godermi il rosso e l'oro e l'azzurro della volta... Ma c'erano le prove della Madama Butterfly, in programma la sera. Se vuole... può assistere. Ho voluto. Due ore di tumulto e una struggente malinconia che mi ha ricordato una voce che non canta più e che solo in quel modo comunicava con la mia parte buona e intatta, mille anni fa.
Un po' per celia e un po' per non morire, proprio così. Il coro muto ha finito il lavoro. "Bravissimi!", ha detto il direttore (Giampaolo Bisanti), con addosso una maglia scura, "Grazie signori, perfetto!". Perfetto.



venerdì 21 febbraio 2014

Bitmap # Proiezioni/02

Sembra un quadro, lo so, non ci si crede. È un tumulto emotivo che mantiene un suo equilibrio, la paura è un'oggettiva irreale. Ma il mio primo piano è tutto a fuoco, la ragione ha la meglio. E quando tutto passa, si ricomincia a respirare. La terra si ferma di nuovo, si risale, come sempre, allacciati, anche solo con lo sguardo. Perché l'amore è una cosa seria, "spezza le vene delle mani", e tutto ciò (non) mi meraviglia.