Il gioco è anche guardare le persone. Fino a una certa età corrono, corrono sempre. Le ragazze hanno tutte le borsette di cotone sulla spalla, i ragazzi gli auricolari in testa (anche le ragazze). Gli impiegati la cartella di cuoio. Le signore, molte, la borsa della spesa con le ruote. I senzatetto hanno i materassi, i piumini, i loro averi, spesso una sedia con un libro e una bottiglia. La forbice sociale si è molto allargata negli ultimi anni. Dalla bicicletta elettrica al cartone, è un attimo: il marciapiede è di tutti. Eppure c’è una vitalità che colpisce e il melting pot ormai è cosa compiuta. Tutti si amalgamano, probabilmente solo sugli autobus o per le strade, e mi fa ridere pensare che a casa nostra c’è gente che non ha capito che il processo è inarrestabile e giusto e naturale. E bello. Basta sedersi in metropolitana, entrare in un supermercato, passeggiare in un giardino (ne sono stati creati moltissimi) per vedere quello che saremo, nonostante le Meloni. Lingue, abiti, colori, bambini, scarpe, cappelli, acconciature. Più o meno, tutti con la giornata in mano.
In parte lo siamo già, sicuramente lo saremo. Ed è bello così. Senza confini.
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