Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano
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martedì 3 ottobre 2017

Belle persone - Marco

Se fossi più costante, mi piacerebbe istituire una rubrica "Belle persone".
Inizio con questa.
Marco, giovane barista. Mi serve il caffè in un tristissimo bar di un tristissimo posto dove sono quasi costretta ad andare, durante le frequenti visite a una persona a me vicina. Nel tempo, in quel recinto di sofferenza sono successi molti episodi spiacevoli e non sempre il mio sarcasmo mi ha tenuta in piedi. Qualche volta ordinare il caffè lungo con il latte freddo a parte è stato un gesto eroico, collaterale al danno.
Marco mi ha sorriso sempre, ha giocato con me quand'ero cinica, ha taciuto quando non avevo voglia di scherzare, ha capito la mia pena, mi ha dato il vassoio quando era utile, mi ha servito al tavolo quando ero carica di borse e di pensieri.
Una mattina d'estate, poi, sfortunatamente ho proprio passato il segno. Quando il dolore trabocca, non c'è proprio niente da fare. E quella mattina d'estate, il caffè non me l'ha fatto pagare.

Ieri è di nuovo autunno. Non fa più caldo. Il caffè me l'ha preparato Mary, donna bellissima, egiziana, con figlia bellissima, croupier. Quando è arrivato Marco io ero ormai sulla porta, mi ha sorriso come al solito, e mi ha mandato un bacio con la mano, dal bancone. Posso ricominciare. 



giovedì 22 dicembre 2016

La lettera a Babbo Natale

Il periodo non aiuta, di suo. Uno scontro aspro con una persona stupida si aggiunge al malumore. Solitudine inquinata alle due del pomeriggio. Gironzolo fra gli scaffali della Coop in cerca di una consolazione, ma non la trovo. Entro nel bar prima di salire a lavorare. 




Il commesso barista è un signore di 56 anni che ne dimostra 70. Ha i denti marci, è un po' dimesso, indossa una specie di maglione natalizio, sempre gentile e suo malgrado positivo, mi chiama "Madame"da quando mi conosce, con il suo sorriso dolce e impresentabile e sempre disponibile. Mi precede nei desideri di caffetteria, in estate come in inverno. Ha scritto la letterina a Babbo Natale?, domando. No, non ci credo più. E lei? Io sì, rispondo. La scrivo sempre, ma non mi porta mai quello che gli chiedo. Chiede cose impossibili?, mi guarda con tenerezza. Forse sì, ammetto. Mi si riempiono gli occhi di lacrime. Per quello ho smesso, dice lui. Anticipo gli auguri, non so se ci vedremo ancora prima dell'anno nuovo. Mi porge la tazza e mi dice Posso darle un bacione? Certo! Mando giù il cappuccio più buono del mondo, giro dietro il bancone e ci stringiamo in un abbraccio che ha del disperato. Non ci stacchiamo più. Auguri, Madame, davvero. Passi dei bei giorni, rispondo. Non so neanche come si chiama. 

venerdì 11 novembre 2016

Quando l'amore era l'amore



Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic ’til
I’m gathered safely in
Lift me like an olive branch and be my homeward dove
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Oh let me see your beauty
when the witnesses are gone
Let me feel you moving like they do in Babylon
Show me slowly what I only know the limits of
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the wedding now, dance me on and on
Dance me very tenderly and dance me very long
We’re both of us beneath our love, we’re both of us above
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the children who are asking to be born
Dance me through the curtains that our kisses have outworn
Raise a tent of shelter now, though every thread is torn
Dance me to the end of love

So long, Leonard.

mercoledì 27 luglio 2016

Il vuoto


Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
...
E. M.
(Questo è per te, lettrice che sai... scronf)

sabato 9 gennaio 2016

Et ventis adversis

A frequentar certi posti, mi assalgono uno sconforto e un rifiuto del futuro che non giovano.
Mi salva l'osservazione, minima moralia che evidentemente consentono, anche se non a tutti, di procedere. 

E così, piccoli frammenti di conversazione che fanno raccapriccio, ma che la storia indica come vere e proprie ancore di salvezza.

Esempio 1

- Buon anno, Antonio! Come va? Ha festeggiato? È caduto in questi giorni? 

(Antonio non risponde)

- Se non risponde vuol dire che è caduto ma non me lo vuole dire, eh, Antonio? Vedrà che adesso ci rimettiamo al passo.

(Quale passo? Quello di Antonio?)

Esempio 2

- Buon anno Pietro! Come va? La trovo bene... Ha festeggiato?

(Pietro ha lo sguardo fisso)

- Dai, Pietro, iniziamo bene. Anno nuovo, vita nuova!

(Cioè la vita di Pietro?)

Esempio 3

- Buon anno Maria! Come va? Si faccia baciare...

- Buon anno cara. Mia figlia mi ha comprato le pantofole nuove per camminare. Sono chiuse, come voleva lei... Ci sta l'aggeggio per aiutare.

- Perfette, Maria. Andiamo a provarle subito, vedrà che in poco tempo tornerà come prima.

(Si avviano, lumacamente)

Esempio 4

(io) - Prego, passi pure.

- No, prego, io sono lenta.

(io) - Non importa, ci mancherebbe.

- Grazie. Ora cerco una sedia e mi riposo un po'.

(io) - Certo.

- A volte sono così arrabbiata, sa? In tre anni, guardi come mi sono ridotta. Meno male i ragazzi crescono. Lei ha figli? Io ho una ragazza di 18 anni e un ragazzino adottato di 11.  È etiope. Mi fa dannare. Stamani ha chiamato da scuola per farsi andare a prendere, dice che ha la febbre. Invece è proprio un cazzone, non vuole studiare. Quando arrivo a casa, mi sente.

(Sai che gliene frega)


Eppure, in tutti, c'è l'ombra di umanità di chi non si arrende. Lo stato di guerra dichiarato,
i rifugi sotterranei dell'esistenza, il mercato nero delle speranze. Le imboscate. La barbarie. Le trincee. Quando succede, prima o poi compri armi e munizioni, da chiunque le venda. 

Se hai coraggio, diventi partigiano. 
Qualche volta, ma poche, corri nudo in campo nemico e ti fai sparare. Finalmente.






domenica 15 novembre 2015

Je serai Paris

Ho lasciato drenare il mio dolore e il mio sgomento per qualche ora. Lo sapevo. L'ho vista, fragile, esposta alle sue colpe, che sono anche le nostre. Da due giorni la sogno, bellissima come sempre, accogliente, ricca, sofisticata ma umile, stracciona ma elegante, giovane e vecchissima, immobile e vivace, colta e un po' tarocca, illuminata e un po' sporca, silente e scoppiettante, sfrontata e col cuore in gola. Lì c'è il mio cuore, lì la mia salvezza. Lì c'è la mia cura, lì la colla che ripara la mia anima a brandelli, quando serve. Lì c'è la mia vita immaginata, lì la mia proiezione. E spero ancora, infine, sempre, il mio ultimo futuro.

lunedì 7 settembre 2015

Bitmap # Percezione/02

Non ricordare nulla, ricordare qualcosa, ricordare tutto.

Monkey World Ape Rescue Centre, Wareham, Dorset, UK (agosto 2015)

martedì 1 settembre 2015

Il temporale

Quando scoppia il temporale, la sera, a fine estate, dopo tanto caldo, io per quello scorcio di tempo sono calma. Mi sembra che possa lavare tutto, nuvola enorme che inghiotte tutte le mie nuvole piccole e così posso respirare un po'. Poi prevale la paura animale: del lampo che deraglia, del tuono che spezza e persino del buio. Mi prende il batticuore e aspetto che rimanga solo la grande pioggia, che lava tutto, o quasi. E alla fine, se posso, dormo.

domenica 2 agosto 2015

Screenshot # 02 - Colum

Ci mette venti minuti per spiegarmi (ma anch'io forse sono giù di allenamento con l'inglese) che un ragazzo con un berretto nero, al campetto di basket del campeggio, lo ha offeso. Scatta all'istante la mia indignazione atavica, il dolore mai sopito della discriminazione, la rabbia cieca, l'istinto di protezione e tutte quelle robe lì, che mi serpeggiano in testa da quando ero bambina. Allarghiamo la conversazione, per allentare la tensione, di dove sei? Di un paese impronunciabile (però anche il suo eloquio non è proprio chiarissimo), UK? Yes, Britain, and you? Italy, ma secondo me non lo sa bene dov'è Italy, poi riparte con la storia dell'offesa e gli si annebbia un po' la vista, e scuote  sconsolato la testa di capelli rossi e io mi arrabbio ancora, ma gli dico non pensarci più, è un maleducato, enjoy the evening..., lo abbraccio. E alla fine mi guarda con gli occhioni tristi e mi dice: capisci? mi ha chiesto come ti chiami?, ho risposto Colum e lui mi ha chiamato "scottish", perché Colum è un nome scozzese. Ma io non sono uno scozzese. Mi ha offeso. E arrivano le lacrime.
Ah... Io pensavo che lo avesse deriso perché era down. Il dolore arriva a tutti da strade diverse.

martedì 14 luglio 2015

Siamo feriti quanto basta

(la grande nostalgia: mi manca Jannacci, spesso...)

https://www.youtube.com/watch?v=0bZguPqe98A


Mario
forse l'unica cosa di buono che tu hai fatto nella vita
Mario
è non avere voluto figli
così non hai fregato il mondo
tra vent'anni chissà in quanti saremo
in quanti rideremo?
ma ci pensi, sul treno
tutti impazziti a chiederci dove andremo?

Mario
ma tu guarda i miliardi che spendono
a togliere i sassi alla luna nel cielo
questi prendono, vanno, tornano
non fanno niente, è solo un volo
noi quaggiù ci sbraniamo, gridiamo ti amo
e chi la sente la povera gente?

Gente
ognuno la pensa in maniera diversa
eh, ognuno ha la sua testa
per lo meno un figlio ti fa compagnia,
ma poi scappa e vola via
poi che c’entra la terra e la luna?
son sempre gli stessi ad avere fortuna

Mario
non ti resta che l'amore
Mario
hai capito la canzone

Mario
io ti vedo passare alle sei di mattina
te e la tua bicicletta
Mario
due speranze nel cuore, un po' di giardino
e un sogno, la tua casetta
alla sera ti fermi nel bar qui vicino
giusto per bere un bicchiere
e nel bianco degli occhi, nel rosso del vino
muoiono le sere

Mario
la domenica arriva sempre in ritardo
pallida e senza fiato
con te spaesato che inciampi negli anni
e anneghi in un quarto di vino
chi lo sa, forse è giusto, forse è un errore
chissà, sarà destino...

Mario
non ti resta che l'amore
Mario
hai capito la canzone

Mario
le slacciavi la gonna, sudavi, ridevi
ti spogliavi sempre in fretta
Mario
le dicevi, ti amo, ti voglio, sei mia
le offrivi la tua sigaretta
ma serviva soltanto per guardarla fumare
per scherzare con l’amore
ti serviva per darti dell’uomo
che spoglia ogni sera una donna diversa

Diversa
ma è anche diversa la sera
che si è regalata la tua donna
una sera più sua
o solo una sera diversa dalla tua
la tua è un ricordo e basta
la sua è un grande buco nero nella tua testa

Mario
non ti resta che cantare
Mario
non c'è più la tua canzone

Mario
ti ho sentito gridare, agitarti, spiegare
ho fatto una nuova scoperta
Mario
dicevi, adesso mi alzo
e vado ad aprire anche l'ultima porta
Ora esco, io provo a sparire
vado a dissolvermi in cometa,
quanto basta per non sentirlo più
il ritmo strano della vita

Mario
io faccio il cantante, è vero
e suono e vesto solo idee
ma lo stesso io dico
dov’è che si cambia sparandosi un colpo qui, in testa?
lascia fare alla vita questa vecchia fatica
siamo feriti quanto basta...

Mario
non ti resta che ascoltare
l'eco che hanno messo nel finale...

sabato 31 gennaio 2015

Vita, morte e miracoli

Sala d'attesa di un ospedale, alle 7 di mattina, con tutta la mia paccottiglia per lavorare, computer, cellulare, prolunghe, stampe, pdf... La giornata si preannuncia lunga, devono assestare il mio babbo. Sono nervosa, abbiamo anche litigato e si sa... Al tavolo vicino al mio, si siedono una dottoressa e una signora, giovane, ma con i capelli corti e bianchi. Inizia una conversazione molto intima, io continuo a battere le dita sulla tastiera, testa bassa, ma le parole mi trafiggono. "Questo è un discorso difficile... lo faccio a lei perché ho capito che siete una famiglia con cui si può ragionare apertamente... Il nostro ospedale è in contatto con... vi offriamo la possibilità di donare... non deve decidere adesso... ne parli con i suoi cari... sa, si scatenano tante emozioni... il senso di colpa, ma anche la gioia di poter aiutare qualcuno... non si vedrà nulla (..?...)... ". Sollevo appena lo sguardo. La signora sorride, sembra sollevata, non c'è un velo di angoscia sul suo viso, non una lacrima. "Sono molto contenta, certo, mi sembra una cosa bellissima... ora sento cosa ne pensano gli altri, ma so già che la mamma sarà d'accordo...". Si alzano, l'imbarazzo è meno palpabile, come se la crosta di ghiaccio sopra il dolore si fosse un po' sciolta.
Sento l'alito della morte che volteggia sopra di me, satura l'aria, dà la stura ai miei ricordi, al mio lutto grumoso, sento la bocca farsi amara. Poi penso che anch'io vorrei donare tutto e con un sorriso cinico cerco nel mio corpo l'organo meno malandato da offrire al mercato. Boh... Gli occhi no, sono miope. Il fegato no, il cervello non ne parliamo, le ginocchia... oddio... il cuore! Il cuore è sano. Sano ma spezzato. Sorrido, non si regala un cuore spezzato nemmeno al peggior nemico. 
Guardo fuori dai finestroni, dal settimo piano, si è fatta luce, si vede tutta la città. Laggiù ci sono anche le montagne... Per un minuto sogno di nuotare in mare aperto, con il blu sotto... 
Alle 7 di sera vado a casa. Ho rimesso tutto via, il pc, la prolunga, il pdf, il cellulare, il mio babbo finalmente assestato che mi ha chiesto se hanno eletto il presidente della Repubblica, nel frattempo. No, ho risposto, domani. Ormai convergono tutti su Mattarella. Se ti dimettono in tempo, te lo guardi alla televisione. La signora con i capelli bianchi è ancora lì. Incrociamo i nostri sguardi, con un sorriso dolce. Buonanotte. Buonanotte.

venerdì 9 gennaio 2015

E domani?


La mia città è stravolta. Sono le quattro del pomeriggio, hanno chiuso la metropolitana, evacuato il Trocadero, chiuso gli studenti dentro le scuole di due arrondissements; dei pazzi invasati girano con kalashnikov e lanciarazzi e ammazzano non solo le persone e la libertà, ma anche il pensiero e il futuro. Chi parla di guerra santa, chi di inferno, chi di dialogo, chi di ovvie conseguenze, chi di democrazia, chi di barbarie. Io guardo questo importante pezzo di me che brucia, e riverbera in me il disprezzo per tutte le religioni, che da sempre annegano la ragione dell’uomo nella prevaricazione e nell’odio. Tanto dolore, tanto orrore e un gran vuoto dentro. E domani, vedremo cosa rimane.

mercoledì 3 dicembre 2014

La vite tagliata

C'era dentro tutto, i libri, la poesia, l'amicizia, i figli, la malattia, la delusione, l'ideologia, la perdita, la morte, la ragione, il dolore. Tutto.
Quindi, alla fine de "La banda del formaggio", io ho pianto tanto, proprio come "una vite tagliata", come dice lui (Paolo Nori).

sabato 23 agosto 2014

Gli occhi di M.me Merrien

M.me Merrien ha gli occhi azzurri, è minuta, una cosina rinsecchita. Oggi ha 87 anni e una volta aveva un marito e tre ragazzi; il figlio è morto a 53 anni di cancro ai polmoni ("il fumo è una droga, credetemi"), e a lui rivolge le sue preghiere sottovoce, di nascosto, la sera (ma io le ho sentite).
Vive da sola, c'è un'infermiera che la mattina la aiuta a fare la toilette, a mettere le calze, e le dà l'abbrivio per cominciare la sua giornata. C'è anche qualcuno che le fa la spesa, e un fisioterapista un paio di volte alla settimana le massaggia la schiena e la accompagna a fare una passeggiata, o su per le scale del primo piano, quando se la sente. Si capisce che è una signora, e non perché non le mancano i mezzi. La sua più bella dote è la dignità. Una dignità sconfinata, incommensurabile, che abbaglia. La sua unica preoccupazione è quella di non disturbare mai.
Mi ha parlato della nuora, che ho visto una volta, una signora molto dolce e affettuosa. Mi dice che per lei è stato difficile, quando è rimasta sola, e che le è molto affezionata. Abita lontano, ma viene spesso a trovarla. La nipote, 30 anni, è Grande Ufficiale di Marina (tutto maiuscolo). Quando la nomina, le brillano gli occhi di orgoglio, dev'essere il suo gioiello, ciò che le rimane di suo figlio, una ragazza straordinaria, una carriera travolgente: al momento è imbarcata... ma appena avrà una licenza verrà a trovarla. In famiglia sono tutti ingegneri o ufficiali di Marina. Abbiamo chiacchierato tanto, nei giorni in cui siamo state insieme. Io seguivo un po' a fatica il suo eloquio ricercato e velocissimo, con un forte accento bretone. Mi ha raccontato molti momenti importanti della sua vita, quasi tutti belli. E su quelli brutti ha abbassato lo sguardo, con un filo di voce, dicendomi solo "è stata dura". Mi ha detto mille volte che avevo dei bei capelli e che anche lei un tempo aveva una chioma da invidiare. Le pesa questa piccola rinuncia alla vanità, le pesa come un macigno, ma si capisce che è un sipario per nascondere il dolore vero. Abbiamo parlato del futuro, di cosa l'aspetta; immagina di avere ancora una vita lunghissima e pensa a come riorganizzarla. Spera di "non perdere la testa, perché è terribile
": io l'ho confortata, sostenendo che il peggio sarebbe per gli altri, che non potrebbero più parlare con lei, persona così deliziosa. 
Quando ci siamo salutate, ho avuto invece l'impressione che il suo cuore fosse sempre più stanco, la sua voce più flebile e che il futuro... mah...  L'ho ringraziata per tutto l'esercizio del francese cui mi aveva costretto e che mi era stato così utile, date le circostanze. Le ho stretto le mani fra le mie è le ho detto "Madame Merrien, siate fiduciosa, andrà tutto bene", e i suoi occhi azzurrissimi mi hanno detto tutto il resto.

P.S.: se vi capita un guaio grande, e finite in ospedale, scegliete Quimper, in Bretagna.
Se sapete il francese bene, è meglio. E poi, lassù, così a ovest, il sole in estate tramonta alle dieci di sera, la morte sembra sempre un po' più lontana.

giovedì 24 luglio 2014

Quando qualcosa va storto

B. è una bella ragazza, bionda, ben vestita. Ha una ricca maglietta bianca ricamata, e un paio di pantaloni di lino bianchi. Elegante, curata. Non come le altre. È lì dentro da dicembre, io non l'avevo mai vista. Certo, ci vado poco. Il meno possibile. Vorrebbe uscire, infatti quando compongo il codice sulla tastiera della porta per entrare lei è al di là del vetro, spera di sgattaiolare, spera che nessuno se ne accorga, spera di riuscire a scappare. È fra le poche che capiscono, fra le poche che parlano, che concepiscono un pensiero. Fra le poche che sperano. Purtroppo.
È un'intrusa, più o meno.

Mi accoglie, mi saluta, mi segue, e interrompe la mia conversazione burocratica con chi comanda. 
"Posso uscire?", chiede. 
"No". 
"Perché?"
"Lo sai perché. E poi sono occupata con questa signora, ne parliamo dopo".
"Mi comporto bene, te lo prometto".
"No".
Chi comanda prova a scusarsi con me: sono in tante, escono a turno, mi dice sorridendo,
a bassa voce. Oggi non è possibile.

Certo. Capisco. Ringrazio, infilo le carte firmate nella borsa, saluto dolcemente l'"ospite" per cui sono venuta e mi avvio all'uscita.
B. mi segue.
"Posso venire con te?", mi chiede.
"Devi chiedere il permesso... credo..."
"Posso andare con lei?", implora rivolta a una persona che non comanda, ma è lì per eseguire.
Permesso negato. 
"No."
Mi si stringe un po' lo stomaco.
"La prossima volta...", propongo imbarazzata. 
"Quando torni?"
"Non lo so.... "
Cerco una soluzione momentanea e oso un "Mi fai vedere la tua stanza?"
Mi accompagna. Mi mostra il suo letto. Sulla mensola in alto c'è un orso di peluche con la maglia dell'Inter. "Sei interista?" 
"Sì."
Sul comodino ci sono alcune cornici portafoto. Ne prendo in mano una. "Chi è?", domando.
"Mia sorella". 
"E questa sei tu?"
"Sì, da piccola. Nell'altra siamo io e mia sorella, da piccole". Anche la fotografia è minuscola, un po' sbiadita. Anni Ottanta. Due graziose bambine bionde. Lei è la più carina, ha gli occhi verdi. 
"Che belle..."
"Sì".
"E i tuoi genitori?"
"Boh".

La prendo per mano, le chiedo quanti anni ha. Trentasette. 
"Allora io vado...", sussurro. 
"Ti accompagno".
Sono a disagio, so che vuole venire via con me.
"Certo. Allora la prossima volta andiamo giù a bere un succo di frutta", le dico. Le do un bacio sulla guancia.
"Quando sarà la prossima volta?"
"Presto".
"Quando?"

P.S.: Io dovrei andarci più spesso, lo so. Lo faccio con tanto dolore, per dovere. Però forse un giro lì dentro farebbe bene a tanti, almeno una volta nella vita. Così, tanto per vedere cosa succede quando qualcosa va storto.