Non è vero che i gggiovani sono tutti dei minchioni, mammoni e senza iniziativa. Ci sono anche quelli che "esprimono il gene" con entusiasmo e sensibilità inaspettati. Nei corridoi del cinema Anteo, a Milano (sono andata a vedere "Birdman"... eh... ci sarebbe molto da dire: per esempio, uscite tutti sette minuti prima della fine! Ma santiddio, ma perché si deve rovinare una buona idea e una regia da 10 - dicono che ricordi Altman... può darsi... - con una trovata inutile e assurda e risibile?), sono esposti alcuni scatti di un viaggio in India di Alessandro Galli, un giovane medico neolaureato con la passione della fotografia. A parte le immagini, belle ovviamente, le righe che li accompagnano valgono da sole il tempo che si dedica loro (le riflessioni davanti alla pira, per esempio...). A 25 anni si può ancora rimanere incantati dall'umanità, dalla dignità e dal sorriso degli esseri umani, anche e soprattutto i più distanti da noi. Poi, eventualmente, si curano le piaghe, dentro e fuori dagli ospedali.
www.sitohd.com/alessandrogalli/
Bicocca

Fausto Melotti, La sequenza, Milano
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martedì 3 marzo 2015
martedì 9 dicembre 2014
Un paio d'ore con Steve McCurry
Folla di fotografi (quelli veri, non come me, velleitaria ed eterna principiante), allestimento demenziale a dispetto della sede straordinaria (Villa Reale, Monza, fino al 6 aprile prossimo), e una sfilata di idee imperdibili.
I ritratti non sono le foto più belle, e ho detto tutto. Persino gli scatti per il calendario della Lavazza sono bellissimi. Per alcune immagini si può ascoltare con l'audioguida la storia raccontata da McCurry, che alla fine, anche guardando una sua lunga intervista spezzettata su più monitor, ne esce una bella persona. Il che, se fosse vero (e lo spero), rende tutto perfetto.
http://www.mostrastevemccurry.it/index.html
I ritratti non sono le foto più belle, e ho detto tutto. Persino gli scatti per il calendario della Lavazza sono bellissimi. Per alcune immagini si può ascoltare con l'audioguida la storia raccontata da McCurry, che alla fine, anche guardando una sua lunga intervista spezzettata su più monitor, ne esce una bella persona. Il che, se fosse vero (e lo spero), rende tutto perfetto.
http://www.mostrastevemccurry.it/index.html
domenica 21 settembre 2014
Il circo rosso
C'è molto di istintivo e di personale nella mia passione per Marc Chagall.
Non credo di comprenderne davvero le ragioni, ma il mio cuore vibra e vola e sanguina davanti ai suoi colori e ai suoi simboli ricorrenti, all'anelito di libertà, al sogno, alla fuga, all'amore. Rincorro le sue tracce da tutta la vita, in ogni museo, in ogni città.
Un disegno, un quadro, una vetrata. E ancora mi commuovo, davanti al Circo rosso. (Milano, Palazzo Reale, fino all'1 febbraio 2015).
domenica 3 novembre 2013
Nonna, ho fatto un salto a Barcellona...
Mia nonna Carla era una telespettatrice esigente (anche una radioascoltatrice esigente, a dir la verità). Si inchiodava davanti ai documentari che raccontavano il mondo, lei che da bambina aveva fatto il grande viaggio in nave, per emigrare negli Stati Uniti, nel 1912. Era andata molto male e una volta tornata al paese, orfana di madre e con qualche parola di inglese scolpita nella testa (Sciadap! Biutifol! Potetos!), non si era mai più mossa fino alla seconda emigrazione, nella Lombardia industriale postbellica. Le piaceva un sacco guardare in tv le storie e i costumi di popoli lontanissimi o vicinissimi, diceva che era come andarci di persona, soprattutto da quando mio padre le aveva regalato una delle prime televisioni a colori.
Devo aver ereditato qualcosa da lei, oggi che il computer ti porta dove vuoi. Preparo viaggi immaginari, visito luoghi, mi incanto davanti alle riprese di qualche webcam piazzata a New York, so cosa succede nella nuova Russia, oltre alle Femin e alle acrobazie sul lettone di Putin, salgo sull'Everest, scendo negli abissi.
Ieri sono capitata per lavoro sul sito del Centre de Cultura Contemporània de Barcelona (www.cccb.org). A parte l'incredibile offerta di eventi, dibattiti, installazioni, video e mostre (per esempio quella della World Press Photo 2013), varrebbe la pena anche solo scoprire come uno spazio vecchio e abbandonato, un tempo ospizio per i poveri, sia stato riportato alla vita e rianimato da una geniale e visionaria aggiunta architettonica, un muro di specchi eretto nel cortile che accende l'immaginazione in modo funzionale.
Detto questo, mi sono domandata: perché a Milano non c'è nulla di simile? Perché a mala pena sopravvive il PAC, con proposte modeste, visitate (poco) solo dai turisti stranieri?
Perché il progetto del Museo di Arte Contemporanea che doveva sorgere in mezzo allo scempio volumetrico della vecchia Fiera è stato cancellato? Perché sono rimasti solo decine di grattacieli residenziali vuoti (!!!) e un parallelepipedo di cemento in costruzione, che sarà la sede di una compagnia di assicurazioni?
La risposta è una sola: perché non ci sarebbero visitatori. Perché l'arte non interessa. Perché la cultura è diventata un lusso (come la scuola): 8 o 10 euro per il biglietto di ingresso sono tanti quando il 41% dei giovani è disoccupato; e, a differenza di Barcellona, non c'è una mezza giornata alla settimana con ingresso gratuito. Perché ai ragazzini si compra l'IPhone e non si insegna la gioia del pensiero, della scoperta. Perché questo vergognoso Ventennio ha prodotto anche e soprattutto questo: il deserto della curiosità. Ha cancellato il piacere di guardare, di ammirare, di ascoltare i segni. Non ha capito che di arte si può vivere, rivivere. Rinascere.
Dopo questa deriva amara sono tornata al CCCB e mi sono spostata sul sito del vicino Museu d’Art Contemporani (www.macba.cat). Ho guardato la meraviglia abbagliante del suo guscio, gioiellino di Richard Meier, e scorso le mostre in programma per il 2014: sono nove, una più bella dell'altra. Pensare che a Barcellona vanno tutti per Gaudì.
Poi si è fatto tardi, e il quotidiano mi ha richiamato. Prima di "spegnere", ho pensato: nonna, ho fatto un salto a Barcellona. Sapessi cos'ho visto...
Devo aver ereditato qualcosa da lei, oggi che il computer ti porta dove vuoi. Preparo viaggi immaginari, visito luoghi, mi incanto davanti alle riprese di qualche webcam piazzata a New York, so cosa succede nella nuova Russia, oltre alle Femin e alle acrobazie sul lettone di Putin, salgo sull'Everest, scendo negli abissi.
Ieri sono capitata per lavoro sul sito del Centre de Cultura Contemporània de Barcelona (www.cccb.org). A parte l'incredibile offerta di eventi, dibattiti, installazioni, video e mostre (per esempio quella della World Press Photo 2013), varrebbe la pena anche solo scoprire come uno spazio vecchio e abbandonato, un tempo ospizio per i poveri, sia stato riportato alla vita e rianimato da una geniale e visionaria aggiunta architettonica, un muro di specchi eretto nel cortile che accende l'immaginazione in modo funzionale.
Detto questo, mi sono domandata: perché a Milano non c'è nulla di simile? Perché a mala pena sopravvive il PAC, con proposte modeste, visitate (poco) solo dai turisti stranieri?
Perché il progetto del Museo di Arte Contemporanea che doveva sorgere in mezzo allo scempio volumetrico della vecchia Fiera è stato cancellato? Perché sono rimasti solo decine di grattacieli residenziali vuoti (!!!) e un parallelepipedo di cemento in costruzione, che sarà la sede di una compagnia di assicurazioni?
La risposta è una sola: perché non ci sarebbero visitatori. Perché l'arte non interessa. Perché la cultura è diventata un lusso (come la scuola): 8 o 10 euro per il biglietto di ingresso sono tanti quando il 41% dei giovani è disoccupato; e, a differenza di Barcellona, non c'è una mezza giornata alla settimana con ingresso gratuito. Perché ai ragazzini si compra l'IPhone e non si insegna la gioia del pensiero, della scoperta. Perché questo vergognoso Ventennio ha prodotto anche e soprattutto questo: il deserto della curiosità. Ha cancellato il piacere di guardare, di ammirare, di ascoltare i segni. Non ha capito che di arte si può vivere, rivivere. Rinascere.
Dopo questa deriva amara sono tornata al CCCB e mi sono spostata sul sito del vicino Museu d’Art Contemporani (www.macba.cat). Ho guardato la meraviglia abbagliante del suo guscio, gioiellino di Richard Meier, e scorso le mostre in programma per il 2014: sono nove, una più bella dell'altra. Pensare che a Barcellona vanno tutti per Gaudì.
Poi si è fatto tardi, e il quotidiano mi ha richiamato. Prima di "spegnere", ho pensato: nonna, ho fatto un salto a Barcellona. Sapessi cos'ho visto...
domenica 20 ottobre 2013
No brain no pain
Per un ripassino sulle funzionalità e sulle misteriose applicazioni del cervello, in caso di maltempo autunnale o di un'incipiente attacco di noia, si può visitare la mostra "Brain. Il cervello: istruzioni per l’uso" (www.mostrabrain.it), al Museo Civico di Storia Naturale, a Milano. Premesso che l'allestimento è opera di un imbecille (i pannelli con le scritte bianche su fondo salvia invitano all'uscita immediatamente, soprattutto perché si tratta dei termini più importanti, essenziali alla comprensione; per tacere delle decine di refusi...), i contenuti non sono male. Cioè, capendo poco o nulla di neuroscienze, questa infarinatura leggiadra su come funziona la materia grigia intrattiene l'astante per un'oretta, distribuendo anche un po' di conoscenza. E qualche stupore. Per esempio si impara qualcosa sui meccanismi neuronali che sono alla base della memoria o sulle risposte emotive a precise sollecitazioni. La ricerca lascia sperare che in futuro si riesca a comunicare col pensiero, per chi ne ha bisogno. Alla fine ci si può cimentare nello "Star tracing": si dovrebbe ricalcare il contorno di una stella guardando la propria mano riflessa in uno specchio, utilizzando la memoria procedurale. E lì, la mia connessione neuronale si è interrotta. Umiliante è dire poco. Come dice il proverbio, non capirlo sarebbe stato meglio.
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