Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano
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mercoledì 5 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #03 - E i curdi?

Al camposanto, volendo, si imparano sempre molte cose. Per esempio si ripassa un po' di storia, sulla tomba di Ahmet Kaya, popolarissimo cantautore rivoluzionario curdo. Strenuo difensore dei diritti umani, le sue canzoni furono costantemente censurate dal regime turco, che lo accusava di essere un membro del PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan. Nel 1999, quando Erdogan era ancora sindaco di Istanbul,  Ahmet Kaya si rifugiò a Parigi dopo aver subito minacce di morte per aver dichiarato di voler cantare le sue canzoni in curdo. Venne condannato in contumacia a tre anni di prigione per "propaganda separatista". Qui morì per una crisi cardiaca nel novembre del 2000, a soli 43 anni. Nel 2021 la sua tomba fu profanata, coperta di ingiurie, l'immagine scolpita del suo volto fu presa a martellate. Al Père Lachaise, Kaya dorme oggi in compagnia di altre personalità curde esiliate in Francia, come il politico curdo iraniano Abdul Rahman Ghassemlou  o il regista curdo turco Yılmaz Güney. 

Memo: per superare il veto della Turchia all’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO, Recep Tayyip Erdogan ha chiesto che i due paesi ritirino le protezioni concesse ai dissidenti curdi, e che avviino le procedure per l’estradizione di decine di persone che la Turchia considera appartenenti a organizzazioni terroristiche

Ah, già, Erdogan...



martedì 30 agosto 2016

Deutschland über Alles # 03 - La gioia rende liberi

Escono tutti e quattro dal cancello di una casetta delle vacanze sull'isola di Hiddensee con il tetto di paglia. Sono scalzi e con gli asciugamani in mano. Il cielo è coperto, qualche goccia di pioggia. Chiacchierando e a passo veloce raggiungono la duna, poi in fretta via i vestiti e di corsa in acqua, ridendo e giocando e gridando e spruzzandosi.
Un quarto d'ora di gioia pura, semplice, nuda, come i loro corpi, così belli, così liberi.
La felicità qualche volta basta guardarla.




(alla fine, papà e ragazzi escono dalle onde, si avvolgono con gli asciugamani e si abbracciano; la mamma resta un po' da sola in acqua, si lascia accarezzare dal mare, guarda lontano, 5 minuti tutti per sé)

lunedì 21 settembre 2015

À la guerre comme à la guerre

Ieri era domenica e al civico 12 c'era aria di festa. La comunità del primo piano lato strada, presumibilmente del Bangladesh, si è raccolta con amici e parenti sul pianerottolo per mangiare, ridere, chiacchierare e soprattutto cantare. I bambini in cortile, molti ed eleganti, si rincorrevano e giocavano chiassosi, fra un tappeto steso, tricicli appesi al muro, biciclette, sedie, bidoni dell'umido. Niente di strano né di inusuale. Vabbè, alle due del pomeriggio, lo ammetto, tutto questo casino era un oltraggio alla quiete pubblica e io stessa, che per ragioni varie avrei voluto schiacciare un pisolino, ho sbuffato. Tutto lì: un vago fastidio, accentuato dal tepore di fine estate che permette ancora di tenere le finestre aperte... dormicchiare con l'arietta sarebbe stato impagabile. 
Invece il nostro condomino del primo piano ha espresso in altro modo la sua contrarietà. Non si tratta esattamente di un galantuomo: Bruno (nome di fantasia), ha in carniere diversi soggiorni nelle patrie galere per spaccio e reati affini; si dice - ma io ci credo -  che abbia fatto qualcosa di brutto alla sua mamma, santa donna; non lavora da anni; è coperto di debiti; è irascibile e spesso in stato di ebbrezza, a esser buoni. Francamente è uno dei motivi per cui vorrei traslocare. Nella migliore delle ipotesi aggredisce i manutentori dell'ascensore che quindi se ne vanno lasciando il lavoro a metà e cinquanta famiglie, per lo più composte da vecchi, sono costrette ad arrampicarsi a piedi per cinque piani. Oppure sbraita nel cuore della notte, presumibilmente contro creditori o pusher, litiga furiosamente con chiunque, fa il gradasso, estorce denaro, racconta balle, non paga le spese del condominio da anni, insulta telefonicamente l'amministratore quasi ogni giorno. Anni fa, un precedente amministratore, minacciato, si è rifiutato di rinnovare il suo incarico. Insomma, una presenza difficile, con cui anch'io ho avuto un diverbio, a suo tempo.
Ora, Bruno vive in modo conflittuale la vicinanza con la comunità multietnica del portone accanto. Si tratta soprattutto di scaramucce dovute al rumore: spesso i ragazzi esagerano, tamburi fino alle tre del mattino, feste, canti, urla, litigi... non è proprio un'oasi di tranquillità. Allora lui ha escogitato un sistema per combattere ad armi pari, si fa per dire: la musica ad alto volume.
"Vediamo chi si stufa prima", mi ha detto tutto orgoglioso, qualche mese fa. "Non li faccio più dormire!": finestre spalancate, radio o cd a tutta gallara, selezione musicale alla bisogna: Laura Pausini, Renato Zero, Mango, Fiorella Mannoia (per fortuna!), Pooh, Tiromancino (!!!), Tiziano Ferro, Zarrillo (eh...) e via così. Rigorosamente cantanti italiani, meglio se voci femminili (ma allora perché non Mia Martini, o Mina, per dire?), roba da Radio LatteMiele o GammaRadio, ma senza interruzioni o speaker; si viaggia sicuramente oltre i 150 decibel, con effetto rimbombo del cortile.
Allora, a parte che così non dorme più nessuno, tanto meno "noi" del 14, e soprattutto non dormo io, a me sembra che "loro" siano rimasti del tutto indifferenti.
La solfa, è proprio il caso di dire, è continuata fino alle 9 di sera, quando forse le energie di disturbati e disturbatori si erano affievolite fino a scomparire, comprese le mie. Ero ormai decisa a scendere al primo piano e dire stancamante, quasi supplicando: "Bruno, ascoltami: se ne fottono di Marco Mengoni, credimi."
La notte si è salvata, dai tamburi e da Mino Reitano.
Fino alla prossima.

venerdì 31 luglio 2015

Screenshot # 01 - Libertà

Cerco di non pensarci mai. O non di pensarci più. Poi oggi li vedo, sono sette, tutti bellissimi, la vernice impeccabile: azzurro, verdino, crème, bianco... Uno color mattone, sulla fiancata c'è dipinto un muro, da cui sbuca minaccioso un pugno, e la scritta "Freedom" . Già, la mia libertà sognata per tanti anni e poi sostituita da un succedaneo, che nonostante tutto, anche adesso che mi fingo ancora nomade e avventurosa sul mio Ducato dell'età matura, mi manca come un vecchio amante. A bordo dei Volkswagen T1 e T2, anni '70 appena svoltati, con tettuccio in canvas e ruota di scorta appesa al muso, c'erano tanti bei giovanotti e giovanotte (a parte un quarantenne capellone, solo), abbronzati, felici come pasque, piedi nudi fuori dal finestrino, radio a tutta gallara, qualche figlio piccolo, sacchi a pelo schiacciati contro i finestrini. Freedom, appunto.
Thaon les Vosges, Route N57. Li ho superati col cuore rotto e poi incollato.