Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano

domenica 23 marzo 2014

Con tutta la buona volontà

Immaginando di ripartire dopo il solito fermo macchina, mi sono lasciata ingolosire dall'iniziativa del FAI, che a Milano ha ripulito e riaperto per due giorni l'Albergo Diurno Metropolitano "Venezia" di piazza Oberdan. Progammino organizzato da qualche giorno, con tanto di macchina fotografica (come le voglio bene....) e la fregola di vedere le boiserie, i motivi Art Déco, i bagni di lusso, borse e cosmetici rimasti immobili per decenni, le Terme, la Manicure, il Barbiere, la Cassa. Confesso, ero mossa a metà tra la curiosità del fotografo e quel po' di voyeurismo che non so controllare davanti a ciò che resta quando la vita si ferma all'improvviso. Volevo vedere e tenermi quella roba lì, gli specchi ovali, i mosaici, il ferro battuto, i lavabi, vestigia di un certo modo di essere lontano da me nel tempo e non soltanto. E anche un po' l'abbandono, sì. 
Ho contenuto il solito pippone sui luoghi di bellezza dimenticati dalle istituzioni, dopo che ho letto sul sito del Comune che "Entro il 2016 l’Amministrazione comunale vuole dare un futuro agli ex bagni pubblici per restituire ai milanesi un gioiello architettonico, del Liberty, che fa parte della storia di Milano, così affermano dall’assessorato ai Lavori pubblici e Arredo urbano" (attenzione allo stile e alla sintassi utilizzati!). Entro il 2016? Ma l'Expo è fra sei mesi! Ma sono scemi?
Così pensavo in metropolitana e, prevedendo un po' di folla, mi sono anche presentata in anticipo. Ho mollato l'obolo al banchetto del FAI e a quel punto ho scoperto che erano già previste oltre tre ore di coda. Me ne sono andata scornata, scartando l'ipotesi di diventare socia del FAI a 39 euro solo per vedere i cessi dei ricchi del primo Novecento, aspettando un'ora invece di tre. 

Ho ripiegato sui Giardini Pubblici, giocando con la poca luce di una primavera birichina, tanto per giustificare il peso della Canon, facendo finta di non vedere i cartelli della derattizzazione in corso (da quando sono nata).
Questo Paese va a puttane perché l'Albergo Diurno dovrebbe essere aperto tutto i giorni, con biglietto d'ingresso a 8 euro, i giapponesi e i russi in coda (e anch'io e magari molti di quelli che oggi erano lì) e gli studenti dei licei a mantenerlo pulito, con un servizio di volontariato ripagato con un voto sul registro e qualcosa di bello sedimentato nella testa. Tempo un anno le spese sarebbero ripagate e si comincerebbe a guadagnare. Come si fa a farglielo capire?
 



martedì 18 marzo 2014

Giorgio forse spera (2)

Ho visto le foto, è tutto vero. Giorgio ha veramente un'aria sveglia, sorride in braccio al candidato padre, ma dentro cova l'energia allegra e contagiosa della teppa: è proprio immediato, ti vien voglia di dirgli "Guarda che ti tengo d'occhio!" e poi scoppiare a ridere, fargli uno scherzo, farsi rincorrere. 
Anche se è piccolo mi sa tanto che i concetti di abbandono e di separazione gli siano molto chiari. Quindi speriamo che abbia creduto alla promessa dei candidati genitori di tornare a prenderselo. Nel frattempo li ha salutati educatamente, come gli hanno insegnato, con un cortese "Tornate presto" riferito con rispetto dall'interprete. Si è tenuto le macchinine e l'orso di pezza, chiedendosi probabilmente se ha sognato o è successo veramente, se davvero quei due lì un giorno si faranno vivi ancora, così strani, lei con un nome impronunciabile, lui che è capace di disegnare gli aerei e un sacco di altre cose, manco a farlo apposta.
 
Ora la macchina procede a marce basse, documenti, firme, giudici, sentenza, all'insaputa di Giorgio, che speriamo sfogli con un accenno di illusione le fotografie lasciate da quei due marziani emozionati che hanno giocato sul tappeto insieme a lui e a cui manca ancora il respiro quando pensano al loro primo sguardo.

giovedì 13 marzo 2014

Hanno tirato giù la "clèr"

Mi ha intristito passare davanti alla palestra Contourella, icona della forma fisica anni '80,  e vedere la saracinesca abbassata e un cartello meschino, scritto a mano, che comunica gli orari in cui si possono ritirare i propri effetti personali rimasti negli armadietti. 
Mi ha lasciato un po' di amarezza ma anche di rabbia, pensando agli istruttori che hanno perso il posto (molti, ingenuamente, avevano accettato di lavorarci dopo la chiusura dell'altra sede per sfratto e insolvenza, alla fine dello scorso anno); e per chi altrettanto ingenuamente si era iscritto la settimana precedente immaginando un corpo snello prima dell'estate, a prezzi stracciati. 
Mi ha straniato, ma forse nemmeno tanto, vedere smontato a pezzi un luogo che appartiene al mio scenario di una vita intera. Quante volte ho guardato in su dall'altra parte della strada, sorridendo di ragazze saltellanti e rigenerate, con la musica che rimbombava in strada... Enormi finestroni e corpi asciutti in movimento, immagine di vitalità, di energia, di normalità. Ma anche donne mature e ricostruite, cotonate e nullafacenti, che al mattino si inventavano un ruolo, un obiettivo, un senso, mentre io correvo al lavoro, con i minuti contati. 
Poco a poco chiude tutto, qui, nel quartiere. Si dirà che molto di ciò che chiude era espressione di una società che viveva di superfluo e di consumi, che per muoversi un po' è sufficiente farsi una corsa nello smog sotto casa o un giro in bicicletta. Si dirà che la latteria dove andava sempre anche mia nonna non vendeva più nulla, nemmeno i biscotti (vecchi) e la mozzarella a bagno nel latticello giallognolo. O che il negozio di pellicce, che per giunta ora non sono più di moda, non aveva alcuna ragione di esporre in vetrina quattro visoni morti. E il parrucchiere per signora? A soli quarant'anni il bravo coiffeur ha avuto un infarto e poi non lavorara più... I cinesi, a cento metri, fanno la piega a 8 euro, lui ne voleva 25. 
Non ha resistito, ovviamente, il negozio di sigarette elettroniche, ma quello era un bluff, non c'è da stupirsi. E nemmeno quello di camicie da uomo con il colletto bicolore (oddio!!), che aveva sostituito una banca e che è sfitto ormai da un anno. Una "luce" l'ha presa un'agenzia che procura badanti, con tanto di convenzione con la Regione, figuriamoci! 
O il grande negozio di abbigliamento sportivo, sotto il Contourella: a chi venderebbe più 
i body per l'aerobica? (ma non si dice più aerobica: yogaflex, posturial gym, total body, zumba, GAG... GAG??) 
I vestiti per bambini, quelli sì, che tirano. Chiusa una boutique, ne ha già aperta un'altra, la zona è promettente. Hanno tutte quei nomi assurdi, Favole per gioco, Il mondo di Mimì, Mastro Geppetto, Trenino dei sogni, Bimberia... Al posto di un'oreficeria c'è una "Bottega del bianco", pasta fatta in casa e sughi, sempre vuota. Ha chiuso anche la cartoleria, dai prezzi esorbitanti, dove compravo i rotolini per la Dymo (presente? quelli per scrivere le etichette con le letterine impresse...). Sembra invece che funzionino un centro di bellezza che applica unghie finte (sempre gestito da cinesi) e, bene o male i ristoranti, soprattutto quelli Asian/Fusion/Sushi/Thai. Anche il tabacchino all'angolo dell'isolato accanto, l'ha fatta finita, dopo anni di clientela un po' al limite del gusto e anche del lecito.
Qualcosa dentro di me dice che non poteva durare, 'sto modo di intendere la vita. Poi penso che se le fabbriche chiudono, che fine fa chi ci lavorava? E se la gente è "in cassa", in palestra non ci va, e le cravatte non servono più, anche se di marca. E nemmeno i gioielli etnici confezionati dalle donne buttate fuori a calci dalle aziende e che si sono riciclate in società con l'amica. Persino i bigliettini appesi alla cancellata della scuola, "baby sitter italiana referenziata" (con tanto di striscetta da strappare), sono spariti. Ce n'è uno divertente, di un "Baldo giovane offresi per curare i bambini, tutti i pomeriggi e anche la sera, provatemi!", lì da solo, che invecchia dentro una cartelletta di plastica, strattonata dalle intemperie. Di fronte, stanno tirando su una casa nuova, che schiumeggia sulle macerie di un edificio popolare di inizio Novecento, che era bellissimo. Non ci sarà più il negozio di accessori per auto del piano strada (insegna gialla con scritta nera, ci ho comprato un sacco di roba, dalla batteria alle catene da neve!). Al Contourella cambieranno la destinazione d'uso.
La crisi è come il fuoco, purifica. Poi riscresce qualcos'altro, qualcuno che ci prova, approfittando dell'affitto conveniente. Se pensiamo che il Bomba sia l'ultima spiaggia, siam messi davvero male.

martedì 11 marzo 2014

Giorgio che disegna bene (1)

Questa storia è difficile da scrivere. Scompagina la mia emotività, esige equilibrio e, se possibile, anche un po' di stile. Ho chiesto il permesso di raccontarla ai diretti interessati, promettendo totale anonimato. L'idea è quella di metterla a fuoco un po' alla volta, a puntate, perché è una storia che sta accadendo e quindi so come è iniziata, ma non so come continuerà. So come vorrei che continuasse, questo sì. È una storia probabilmente uguale a mille altre, ma a me che la seguo quasi da vicino, pare molto bella. Verrò anche meno al principio di non parlare di genitori e figli, perché in realtà è una storia di relazioni, ovvero di relazioni fra genitori e figli. È la storia di Giorgio (nome di fantasia, ovviamente), che vive dall'altra parte del mondo ed è piccolo. Abbastanza piccolo, ma non piccolissimo. 

I suoi candidati genitori, come migliaia di altri candidati genitori, hanno scalato l'Everest dell'adozione, sono stati valutati, analizzati, spremuti, incantati, incoraggiati, scoraggiati, consigliati (da tutti, anche da me... che assurdità! A volte non si sa dove fermarsi!), sostenuti, illusi, delusi, spennati, derisi, ammirati. Poi, all'improvviso, hanno avuto cinque giorni di tempo, e non nove mesi, per prepararsi a guardare in faccia Giorgio. Giorgio bellissimo, Giorgio che li aspetta, Giorgio che disegna bene. 
Grazie alla tecnologia canaglia, oggi è arrivata dall'altra parte del mondo, insperata, la notizia che i candidati genitori e Giorgio "si sono incontrati". Inizia così, quasi sempre, ogni storia, ogni relazione. Sguardi che si incontrano.

martedì 4 marzo 2014

Sopravvivenza a forza di film


Il primo, A proposito di Davis. Allora: a parte la lentezza, la musica struggente, l'assenza di una trama vera e propria (l'hanno ammesso anche i fratelli Coen, "non avevamo una storia e ci abbiamo messo un gatto"), la luce cupa, a me è piaciuto. I dialoghi sono una pugnalata e la perfezione dell'impianto cinematografico è un conforto per la mente: esiste ancora chi lavora bene. è la poesia del perdente, di chi è sempre a un passo dalla svolta, e la svolta non c'è mai.
Il secondo, Dallas Buyers Club, è un inno alla libertà individuale: voglio decidere io come vivere (e morire). Matthew McConaughey e Jared Leto si sono presi l'Oscar, bravi tutti e due. La malattia ha molti alleati, soprattutto fra chi dovrebbe curarti. Muove una certa rabbia ma anche molta speranza, e molto coraggio. Qualche volta si può fare e spesso non si è soli.

sabato 1 marzo 2014

Il verso è sempre quello

Avevo promesso a me stessa e al mondo intero di ignorarlo. Sì, perché quando ci si azzarda a criticarlo, il Bomba, iniziano tutti a menarla che bisogna "lasciarlo lavorare" (ricorda niente?), che finalmente c'è un entusiasta gggiovane che ci mette la faccia, che tanto è l'ultima spiaggia, che peggio di così, che non è vero che sembra il pregiudicato da piccolo, che i modi - vabbè - sono da cialtrone, ma quello che importa è la sostanza.

Ecco, appunto: la sostanza. A parte i ministri (ha cambiato quelli poco importanti con altri di statura inferiore e ha lasciato quelli importanti ad Alfano, e c'ha buttato dentro un po' di donne, come se essere donna bastasse a saper lavorare! Già che c'era poteva infilarci anche un handicappato, il gay infatti l'ha premiato il giorno dopo), abbiamo visto
i sottosegretari?

Allora, il figlio di Raffaele Costa, Enrico, tirapiedi di Alfano, alla... Giustizia (ma dai!!); Antonio Gentile, che ha impedito che uscisse un articolino sconveniente sul figlio "rompendo le macchine in tipografia" de L’Ora della Calabria (eh...), alle Infrastrutture, dove da mangiare ce n'è...;  Francesca Barracciu, cacciata dalla corsa elettorale PD in Sardegna perché indagata per peculato alla... Cultura!. Vado avanti? Citiamo i posti chiavi in mano a gente dell'altra sponda, intesa come ideologica (Tesoro, Sviluppo Economico, Interno?). Basta scorrere i curricula dei soliti impresentabili, tra cui arrestati e condannati.
Qui, poi, si vede che le donne capaci all'improvviso le aveva esaurite, a parte la Vicari, amica di Schifani, a cui piacevano le vacanze pagate da altri.

Ecco, ci siamo capiti. Come prima, peggio di prima, altro che cambiare verso.
A proposito, fra un riferimento culturale e l'altro, cioè tra Sanremo e la Settimana Enigmistica, non è che gli avanza tempo per riguardare anche Il Padrino? Così, tanto per farsi venire in mente che la mafia qua è importante quanto la disoccupazione. 

Sembra che non ci fosse nessuna alternativa. Può essere, del resto dopo aver telefonato a centinaia di persone per implorarle di fare il ministro dell'Economia, anzi, dopo averle fatte chiamare dal cameriere Del Rio (ci mancava che ci provasse anche con mio cognato!), alla fine D'alema gli ha prestato Padoan.

Continuo a sognare di andarmene a morire a Parigi. Anche se mi sa tanto che la figlia di Le Pen si stia dando da fare per impedirmi anche questo.