Bicocca

Bicocca
Fausto Melotti, La sequenza, Milano

giovedì 30 gennaio 2014

Consuntivo di gestione

A distanza di più di sei mesi, un bilancio posso anche farlo. Mi sono spesso domandata a cosa servisse gestire un blog, in fondo quello che penso i miei amici lo sanno, le mie foto me le posso guardare quando voglio, la condivisione non è stata mai il mio forte (così mi hanno detto tutti quelli che mi hanno lasciato, poveretti loro). Sinceramente pensavo anche che mi sarei stufata presto, va bene l'ego ipertrofico, va bene l'autoreferenzialità, va bene la lotta di classe, ma insomma...
Invece continuo. E continuo anche a leggere i blog degli altri, da cui pesco consigli di lettura, idee interessanti, brandelli di umanità (molta, moltissima), esempi di buona scrittura, scenari sconosciuti che si aggrappano alla mia parte migliore e la strattonano, la stimolano, la tengono sveglia.
Resto qui anche per impedirmi di  mollare, per cercare metodi di sopravvivenza, etica e ideologica, per ricordare a coloro che passano (incredibilmente molti, e li ringrazio di cuore) che anche da noi e dal nostro sguardo dipende la sorte di chi ancora ci crede, e anche di chi magari ci crede di meno (sono fra questi).
La bellezza e l'importanza della parola sono ancora sacre per me...

Con ritardo - ma in fondo il pensiero non è mai in ritardo - ho scoperto l'importanza di alcune "community", la grazia e la determinazione di persone sconosciute e di altre famose, la grande opportunità di tenere accesa la testa, possibilmente mantenendo l'equilibrio, non solo formale.
E poi sto raccogliendo finalmente in modo organico e ragionato un sacco di cose che mi servono per essere "esploratrice del mondo" (un grazie immenso a L. che mi ha regalato il libro "Come diventare un esploratore del mondo - museo d'arte di vita tascabile", di Keri Smith: preziosissimo e insostituibile manuale che culla la mia vena di "eterna sognatrice e viaggiatrice").
Non avrei potuto chiedere di più.

giovedì 23 gennaio 2014

Di vecchiaia si muore

Mio padre ha 80 anni e rotti, è ancora un bell'omone, con tanti capelli, e litighiamo veramente tanto. La verità è che non mi rassegno, non accetto che si rincoglionisca così, che si arrenda. 
Non accetto che non si interessi più di politica ("tanto ormai non mi riguarda più... facciano quello che vogliono, cazzi tuoi che resti"), non accetto che si compri i cibi pronti, lui che sognava di aprire un ristorante con la sua amica Gianna. Non accetto che non legga più i libri, ma sfogli solo i titoli del giornale, perché lo annoia tutto e in questo mondo non si riconosce, e la tecnologia e tutto il resto. Non accetto che non usi più la macchina fotografica perché non vuole scoprire le foto rimaste lì da Natale di cinque anni fa, non accetto che non si ricordi di quella volta che siamo andati in vacanza io e lui da soli in Costa Azzurra, non accetto che mi chieda quattro volte di seguito se deve pagare l'Imu e non si ricordi che gliel'ho già pagata io, non accetto che mi parli sempre della sua infanzia e di quei posti lassù in montagna, che io neanche conosco, e della Resistenza, e dei tedeschi e del partigiano morto che ha trovato nel bosco, e di quell'altro che invece l'avevano ammazzato i partigiani perché "lo sapevano tutti, perché...". 
Non accetto che zoppichi, qualche volta, e non accetto che vada a letto troppo presto e che poi si svegli alle tre di notte e non dorma più, non accetto che prenda le multe perché non ha visto il rosso, che si faccia raggirare dai ladri nel parcheggio del supermercato, che mi ripeta sempre le stesse cose, che non si interessi di quello che faccio, che viva di ricordi sbiaditi e corrotti e ricostruiti a modo suo. Che mi dica che i vecchi sono maledetti e che bisognerebbe ammazzarli tutti. Che mi parli sempre di mia madre e che mi dica che la sogna. Che sparpargli sul tavolo tutte le cartellette piene di documenti sulla sua salute e le lasci lì, da anni, suddivise per patologia e poi non trova mai quella giusta che gli serve. Non accetto che mi ricordi che vuol morire in fretta e senza soffrire, meglio se presto, così gli rispondo che non dipende da me e nemmeno da lui, e che anche per Abbado non è stato facile (lo so, lo so, era del '33 anche lui...). 
Non accetto che mi guardi con i suoi occhi grigi e un po' persi, che non metta la sciarpa quando esce e fa freddo, che strapazzi la frizione della macchina. Non accetto che sopravviva soltanto. Non accetto che invecchi. Non accetto che vada via, piano piano, un pezzo per volta.


mercoledì 22 gennaio 2014

La lisca in gola

Ci penso da qualche giorno e alla fine, come la lisca di pesce di traverso, do il colpo di tosse. Fassina si è vergognato. Si è vergognato, giustamente, perché Renzi ha trattato con il Pregiudicato. 
Non si vergognava, a suo tempo, delle sue strampalate proposte economiche. 
E con lui non si è vergognato nessuno quando con lo stesso personaggio ci sono andati al governo, quando gli hanno lasciato fare e dire tutto per vent'anni.  
E quando è stato cacciato dal Senato, non si è vergognato nessuno di restare al proprio posto, insieme a un partito guidato da un ladro (lo posso dire, ormai è vero, non rischio querele), per tacere del resto. 
Ma, soprattutto, non si è vergognato nessuno dei 101 che hanno sputtanato Prodi, dopo aver sputtanato Marini e in attesa di sputtanare Rodotà.
Insomma, "signori miei", prima di parlare di vergogna bisognerebbe lavarsi la bocca e la coscienza con la candeggina, come diceva mia nonna.
Appurato questo, Renzi è figlio loro. E non se ne vergogna, purtroppo. Come non si vergogna della "profonda sintonia" con il Pregiudicato.
E da giorni parliamo solo delle sue bravate, invece che della tragedia economica in cui stiamo precipitando. Invece di mandare l'esercito a ripulire Pompei e i giovanotti senza occupazione a togliere le bottiglie di plastica dalle spiagge. Perché prima o poi bisognerà cominciare, no?

P.S.: Intanto mangiamo pane e cipolle per spedire i nostri figli via da qui, per salvarli... torneranno quando Renzi avrà sistemato tutto... Ah ah ah.


sabato 18 gennaio 2014

Balotelli è niente

Quindi, la questione dovrebbe sostanziarsi in varie forme di razzismo: contro la Kyenge, contro gli immigrati tutti, anche e soprattutto gli scampati ai naufragi (bambini compresi), contro i froci, contro gli handicappati, contro i terroni, contro le donne ecc. Insomma, quando c'è un po' di malcontento che poi è diventato tanto malcontento, le balle girano in fretta a tutti e via con le categorie di sempre, con qualche aggiunta, come i cinesi, i mendicanti e i dipendenti pubblici. Che questi ultimi sì che fan girare le balle, eh? Fatti un giro in tribunale e dai un'occhiata... 

Poi fra gli scaffali del supermercato, non quello figo dello sfruttatore fascista, l'altro, quello della falce e carrello, due signori milanesi un po' in là con gli anni chiacchierano bei tranquilli delle disgrazie del Milan, con un pacchetto di spaghetti in mano: "Eh, adesso che il Berlusca l'ha ciamà il Negher, sperem che vada mei...".
Eh sì, caro Seedorf. Sperem. Mica per il Milan, eh?

lunedì 6 gennaio 2014

La ragione di Euclide

Lo ammetto, non è farina del mio sacco, e per giunta è farina setacciata dal passato. 
Ma: si racconta che un giorno Euclide, dopo aver spiegato un teorema ai suoi allievi, si sentisse chiedere da uno di essi: "Cosa ne trarrò?". Euclide allora fece venire un servo e gli ordinò di dare una monetina al giovane, "visto che costui ha bisogno di trarre un guadagno da ciò che impara".
Ecco, sarà che sto diventando matura (o marcescente, se do retta ai cedimenti del mio corpo), sarà che lo scarto generazionale mi stende, sarà che io 'sti gggiovani non li stimo fratelli, sarà che negli anni 'Settanta volevamo cambiare il mondo e oggi vogliamo cambiare Paese (cit.), sarà che Serra con i suoi "Sdraiati" mi ha titillato il nervo scoperto, però a me sembra che Euclide avesse tanta ragione.