Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano

martedì 14 ottobre 2014

La nuova vita di Giorgio (4 - fine)

La voce aveva cominciato a girare, nell'istituto, già all'inizio di settembre. Qualche bambino l'aveva saputo e, chissà se con un po' di invidia, se l'era lasciato scappare. Una mattina, incontrandolo in corridoio, gliel'aveva anche chiesto: "Ma cosa ci fai ancora qui? Non sono venuti a prenderti?". 
Infatti i candidati genitori, che da due settimane sono diventati genitori designati, alla fine sono andati a prendere Giorgio. Ci sono voluti altri due viaggi, altre ore in tribunale a farsi torchiare dal giudice più pignolo del mondo, molto sangue freddo, molti soldi, molta perseveranza. E molta, moltissima pazienza.
Una mattina c'è stata la Festa di addio, con gli amici, la maestra, l'educatrice, quella che gli teneva la mano quando lo accompagnava nella "sala colloqui". Riesco a immaginare le lacrime di tutti. Un po' felici, un po' infelici. Ma anche qualche sentimento che non conosco. Cosa avrà provato Giorgio mentre voltava pagina? Avrà guardato negli occhi l'amico del cuore, che nessuno "è venuto a prendere"? E al cuore dell'amico del cuore, chi avrà pensato, quella sera?

Poi la centrifuga della vita ha ingoiato tutto. Le procedure, le attese, i saluti, l'aereo, il grande tappeto su cui Giorgio giocava (togliendosi le scarpe), le regole, la comunità, la lingua che non parlerà più, i ricordi che sfumeranno più o meno volontariamente, mamma, papà, i disegni, il letto nuovo, il Lego nuovo, la giacca nuova, i nonni nuovi, l'ultima occhiata prima di uscire, addio.

Da ieri Giorgio, piantina tenerissima estirpata da un terreno avaro, prova a mettere radici in un futuro diverso. I genitori designati provano la gioia più intensa e più naturale che esista e quando lentamente il moto sussultorio di questo terremoto emotivo si placherà, penseranno alla ricostruzione. Perché, in fondo, questo fanno i genitori veri: crescono piante, costruiscono persone.
La storia finisce qui. Anzi, inizia qui.
  

giovedì 9 ottobre 2014

Un "nose up" fa solo bene

Infine è arrivato anche l'8 ottobre. E l'inizio del mio corso di fotografia, che sostituisce con poco rimpianto quello di tedesco, quattro anni di fatiche, non pienamente ricompensate dall'apprendimento. Mi spiace. L'anno scorso è stato frustrante, compagni insopportabili
(ma davvero, eh? da sberloni!), livello forse troppo disomogeneo (il mio compagno F. ed io, sopravvissuti all'esame, arrancavamo di brutto). Abbiamo lasciato i nostri amici Molletta
(un giovanotto capellone con una molletta dorata in testa), Laromana (con quella parlata tremènda e fastidiosa), Mr. Ok (detto anche "Ja genau"), la Pensionata ingiustamente saccente ma molesta, l'Albanese e il Marito Schiavo (a me il marito era simpatico, però...) e tutte le brave figliole che parlavano tedesco benissimo e non si capisce perché venivano a rompere le balle a noi ignoranti alle otto di sera di giovedì, dopo una giornata di lavoro, sfatti eppure lì con il quadernino e il dizionario.


Quindi abbiamo cambiato aria. Sulla fotografia ho insistito io, perché è la mia passioncella.
F. mi ha seguito docile, "ché tanto gli interessa anche a lui".
Da bravi scolaretti ci siamo presentati in anticipo. Il corso lo tiene tale Gigi, un po' cazzaro ma simpatico. Ha un eloquio da osteria, ma sembra che ci capisca. Cioè, la sua visione della fotografia e la mia sono simili (anche l'eloquio, lo ammetto), quindi - per ora - mi vien voglia di preseguire. Ho guardato le sue cose e l'ho invidiato, e tanto. 

Il primo pippone di Gigi è stato sulla "fotografia come passione". Qui casca l'asino. Cioè l'asina, cioè io.
Tutte cose giuste, eh?
- La fotografia è un atto d'amore per l'immagine.
- La fotografia richiede intelligenza, sensibilità, tempo, dedizione, pazienza. Passione.
- La fotografia è per se stessi (non per gli altri).
- La fotografia deve parlare da sola.
- La fotografia è il nostro spazio libero mentale.
Se non hai tempo/dedizione/pazienza/sensibilità/intelligenza/passione, non provarci nemmeno.
Ho fatto la spunta. Qualcosa manca: il tempo, per esempio. 

Per un attimo sono precipitata nel baratro della rinuncia: il profilo frastagliato della mia sopravvivenza, sempre in bilico su tutto, mi concede il lusso di questa impostazione?
Vabbè, almeno ci provo. 
E poi sono belli, i suoi "nose up". Qualcosa ho già imparato.