Bicocca

Bicocca
Fausto Melotti, La sequenza, Milano

lunedì 24 febbraio 2014

Pedala

Dopo giornate al limite della crisi di nervi, ho deciso di rendere omaggio
a Frankie Hi Nrg e al mio mezzo di locomozione. Mi sa che ha ragione. E non è nemmeno un gggiovane!



Scriviam la nostra storia usando biciclette,
inseguendo la memoria su strade molto strette,
su per le salite senza avere una borraccia, giù
per le discese con il vento sulla faccia. Perché
la bicicletta non importa dove porti, è tutto un
equilibrio di periodi e di rapporti, è tutta una
questione di catene e di corone, di grasso che
lubrifica la vita alle persone. Come nella vita
c’è una ruota che gira, una ruota che spinge e
con quest’aria che tira se una ruota si fora la
caduta è sicura: una toppa ripara, una ferita si
cura. Non avere paura che sennò ti deconcentri,
devi far coincidere i pesi e i baricentri.
L’impegno di coppia per un singolo momento:
due le forze in gioco, un solo movimento.
Pedala – insegui la tua storia ovunque vada
Pedala – macina chilometri di strada
Pedala – l’hai voluta tu la bicicletta
Pedala – più in fretta
Pedala – più in fretta…
Se è libero il pignone lo sceglie la corona, che
attraverso una catena condiziona il moto del
sistema: monarchia meccanica che ha giurato
fede eterna alle leggi della fisica. Statica,
termodinamica, quasi democratica se quando si
ferma si va a ruota libera, o tirannica, con la fissa
dello scatto, senza i freni che difendon dall’impatto.
È mansione del pignone fare la rivoluzione,
portare il movimento in ogni direzione, in costante
acrobazia irradia l’energia dal centro fino alla
periferia. È solo una questione di rapporto tra
ingranaggi e tutto gira liscio fino a che non ti
scoraggi, che l’unico motore qui sei tu con il
fiatone a spingere in salita per la vita il carrozzone.
Pedala – insegui la tua storia ovunque vada
Pedala – macina chilometri di strada
Pedala – l’hai voluta tu la bicicletta
Pedala – più in fretta
Pedala – più in fretta…
Sai bene che la storia è ciclica, come la pazienza
è biblica e la peggior salita è una discesa ripida,
repentina, tutta tornanti, serpentina, peso
in avanti, giù dalla china. Come una valanga
controllata precipiti in picchiata, il paesaggio vola
dentro a una zoomata. Guardi dove vai, vai dove
vuoi, occhi aperti e sai come stai, fai come puoi.
Il traguardo arriva quando meno te lo aspetti:
è un parcheggio di bici appoggiate ai cavalletti,
bici abbandonate là, senza controparte, pronte
a ripartire se qualcuno parte. Pronte per andare
lontano, cambiando i rapporti, andandoci piano.
Pensa che una volta una bici fece piangere un
uomo: diventarono amici. Lei gli chiese perdono.
Pedala – insegui la tua storia ovunque vada
Pedala – macina chilometri di strada
Pedala – l’hai voluta tu la bicicletta
Pedala – più in fretta
Pedala – più in fretta…

venerdì 21 febbraio 2014

Bitmap # Proiezioni/02

Sembra un quadro, lo so, non ci si crede. È un tumulto emotivo che mantiene un suo equilibrio, la paura è un'oggettiva irreale. Ma il mio primo piano è tutto a fuoco, la ragione ha la meglio. E quando tutto passa, si ricomincia a respirare. La terra si ferma di nuovo, si risale, come sempre, allacciati, anche solo con lo sguardo. Perché l'amore è una cosa seria, "spezza le vene delle mani", e tutto ciò (non) mi meraviglia.



lunedì 10 febbraio 2014

Parer tornarsi l'anime a le stelle

La mia ignoranza è sconcertante e imperdonabile. Un po' non ci capisco niente, un po' la scienza non mi interessa abbastanza. Comunque, per lavoro a volte mi tocca sforzarmi. Una massa di informazioni che restano lì appese al mio cervello solo per il tempo necessario e poi tornano da dove sono arrivate. Periodicamente mi capita in sorte l'astronomia. Ecco, l'astronomia è uno di quegli argomenti che mi attirerebbero (c'è molta poesia nelle stelle e nello spazio infinito, e la poesia mi avvolge e mi consola, mi salva), ma è davvero ostica: ci sono di mezzo le reazioni nucleari, le dimensioni inimmaginabili, la massa, i punti di Lagrange, il magnetismo, lo spettro, le onde ad alta energia, il vuoto. Roba pesante. 
Però l'astronomia mi accende un sentimento misto tra il desiderio di fuga e la nostalgia del mistero, la magia del buio dove perdersi, rapiti dalla forza di gravità, lontano da questa Terra a volte così meschina. Ecco perché ieri sono stata immensamente grata al mio smartphone, di per sé sovradimensionato rispetto alle mie necessità. Ci ho caricato un app senza la quale mi sa che non vivrò più (sì, insomma, durerà qualche settimana...).
Si chiama Sky Map: meraviglia! Inquadri la porzione di cielo sopra di te e ti mostra tutto: stelle, costellazioni, pianeti, oggetti Messier, l'orizzonte, sciami meteorici... puoi anche decidere cosa vedere e cosa no (solo le stelle, solo le costellazioni, solo i pianeti, solo le stelle e i pianeti, solo le stelle e le costellazioni...). Ieri sera ho finalmente individuato Giove! Giove, eh? Era lì, quasi allineato con la Luna, un po' più tenue, un po' più rosso... e anche Orione, con la sua cintura, e Sirio, così luminosa, anche se per questi non mi serviva Sky Map. Bravi quelli di Google. Piccola gioia a costo zero. 

Aspetto la prossima stellata per trovare la Stella Polare, che si finge immobile e forse mi potrà guidare, quando scende la mia notte.


giovedì 6 febbraio 2014

La metamorfosi

Premesso che su questo argomento ho i nervi scoperti (e non solo su questo, per la verità), sottopongo le mie riflessioni al solito lettore pietoso che si avventura a leggere questo blog.

Quando si perde il lavoro si perde anche una parte consistente di sé? Domanda retorica: sì.

Eppure quello che si può definire "scivolamento professionale" non dovrebbe coincidere con lo "scivolamento personale". Mi sforzo di credere che anche se un giorno ci si sveglia senza più né sedia né ruolo, in teoria si resta la persona di prima, con le stesse capacità e le stesse idee. Almeno per un periodo.

La realtà invece mi è testimone del contrario: senza lavoro sei una merda.
Ti inventi prospettive inesistenti, ti disperi, aspetti. Nella migliore delle ipotesi accetti il ripiego. Fino a qualche tempo fa, questo non accadeva immediatamente: si vagliavano tutte le ipotesi. Ora di ipotesi non ce ne sono più, quindi si anela direttamente alla sopravvivenza lavorativa, pur di non trasformarsi velocemente in una merda. Più passa il tempo e più questa merda collassa su se stessa.
 

Se si è fortunati, ci si ricicla. Da ingegnere informatico superspecializzato a semplice consulente di software gestionale per le banche (a contratto);
da caporedattore a traduttore freelance di fumetti satirici (previa gara di traduzione e con malcontento della categoria dei traduttori); da commessa o impiegata a babysitter (in nero).

Se si è mediamente fortunati, si "va in mobilità". Cioè, se lavori in un'azienda di una certa dimensione e con una rapresentanza sindacale decente, ti viene offerta la vantaggiosa opportunità di accettare un incentivo all'esodo volontario e ricevere un contributo dello Stato per enne mesi (dipende dall'età e dall'anzianità di servizio), in attesa di trovare un altro lavoro. In questo caso, mi scrive il mio amico ingegnere elettronico lasciato a casa senza neanche un plissé, "l'INPS paga contributi previdenziali e una indennità mensile, e in cambio può succedere di essere destinati a lavorare temporaneamente presso enti pubblici, per mansioni che siano il più possibile simili alla propria ultima esperienza di lavoro". Ecco. A lui l'hanno chiamato, per una possibilità di LSU ("Lavoro Socialmente Utile"). La convocazione è arrivata da una scuola media statale. Bene, si è detto il mio amico. Ovvio che non avrà a che fare con l'insegnamento (ci mancherebbe! E i precari? Quanto si incazzerebbero? Il doppio dei traduttori di fumetti satirici!!). Però magari sarò utile alla comunità, che a sua volta contribuisce ad alleviare il mio stato di disoccupato dopo 25 anni di lavoro altamente qualificato. Potrò mettere le mie capacità al servizio di un'istituzione che sicuramente avrà bisogno di una mano, magari con un progetto di informatizzazione o con l'ottimizzazione delle risorse multimediali... chissà!

Il mio amico si sbagliava. Il colloquio era per un posto di ... bidello! Ovviamente qualcuno di più qualificato - seppur in mobilità - gli è passato davanti. E io che già lo immaginavo a migliorare il sofware della biblioteca scolastica, oppure a imbastire piccoli corsi di informatica o scienze applicate...  Nel solco della tradizione italiana non gli hanno nemmeno "fatto sapere" più nulla: ha evinto da sé che la proposta era morta lì. Continua a mandare curricula in giro, consapevole che la sua esperienza è poco spendibile e che l'età è un ostacolo. E la collettività ha perso un'occasione: lui è veramente bravo e poteva davvero restituire, almeno in parte, l'aiuto ricevuto. In altri Paesi funziona così, e funziona benissimo. E non avanzi neanche il tempo, mentre cerchi un lavoro, di trasformarti in una merda.

Se invece si è sfortunati, è l'abisso. Dolore, fatica, senso di fallimento, vuoto esistenziale, nessun futuro da immaginare. Tenore di vita stravolto, coda al Centro per l'Impiego, i genitori che ti pagano il dentista, a volte ti riprendono addirittura in casa, te e la tua famiglia, in quattro, nella tua vecchia cameretta.

E quindi?
 

Quindi, se non hai il carattere del mio amico, che non si arrende mai ed è una persona fiduciosa ed equilibrata, dopo un po' arriva la metamorfosi: ti senti una merda anche se non lo sei ancora diventato, e poi, piano piano, lo diventi per davvero.
 

Presto si sviluppa anche una certa incomunicabilità, fra chi lavora e chi non lavora. Una strana sensazione di appartenere a due mondi diversi: come chi è malato e chi no, chi ha il figlio disabile e chi ha il figlio sano, chi "ci è passato" e chi no, chi è "dentro" e chi è "fuori". Ecco la parte di noi che perdiamo: ogni relazione si snatura, ogni discorso è mediato, ogni pensiero è un sottinteso. Ogni energia è volta a saldare gli insoluti. Il prezzo è un'involuzione senza fine, crudele, avulsa da tutto. 
Non so cosa possa salvarci dalla débâcle: un libro? Una giornata di sole? Il confronto con chi sta peggio? La risata di un'amica? Tutto, probabilmente. E, soprattutto, un altro lavoro.