Bicocca

Fausto Melotti, La sequenza, Milano
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martedì 1 settembre 2015
Il temporale
Quando scoppia il temporale, la sera, a fine estate, dopo tanto caldo, io per quello scorcio di tempo sono calma. Mi sembra che possa lavare tutto, nuvola enorme che inghiotte tutte le mie nuvole piccole e così posso respirare un po'. Poi prevale la paura animale: del lampo che deraglia, del tuono che spezza e persino del buio. Mi prende il batticuore e aspetto che rimanga solo la grande pioggia, che lava tutto, o quasi. E alla fine, se posso, dormo.
venerdì 9 gennaio 2015
E domani?
La mia città è stravolta. Sono le quattro del pomeriggio, hanno chiuso
la metropolitana, evacuato il Trocadero, chiuso gli studenti dentro le scuole
di due arrondissements; dei pazzi invasati girano con kalashnikov e lanciarazzi e ammazzano non solo le persone e la libertà,
ma anche il pensiero e il futuro. Chi parla di guerra santa, chi di inferno,
chi di dialogo, chi di ovvie conseguenze, chi di democrazia, chi di barbarie.
Io guardo questo importante pezzo di me che brucia, e riverbera in me il disprezzo
per tutte le religioni, che da sempre annegano la ragione dell’uomo nella
prevaricazione e nell’odio. Tanto dolore, tanto orrore e un gran vuoto dentro.
E domani, vedremo cosa rimane.
sabato 23 agosto 2014
Gli occhi di M.me Merrien
M.me Merrien ha gli occhi azzurri, è minuta, una cosina rinsecchita. Oggi ha 87 anni e una volta aveva un marito e tre ragazzi; il figlio è morto a 53 anni di cancro ai polmoni ("il fumo è una droga, credetemi"), e a lui rivolge le sue preghiere sottovoce, di nascosto, la sera (ma io le ho sentite).
Vive da sola, c'è un'infermiera che la mattina la aiuta a fare la toilette, a mettere le calze, e le dà l'abbrivio per cominciare la sua giornata. C'è anche qualcuno che le fa la spesa, e un fisioterapista un paio di volte alla settimana le massaggia la schiena e la accompagna a fare una passeggiata, o su per le scale del primo piano, quando se la sente. Si capisce che è una signora, e non perché non le mancano i mezzi. La sua più bella dote è la dignità. Una dignità sconfinata, incommensurabile, che abbaglia. La sua unica preoccupazione è quella di non disturbare mai.
Mi ha parlato della nuora, che ho visto una volta, una signora molto dolce e affettuosa. Mi dice che per lei è stato difficile, quando è rimasta sola, e che le è molto affezionata. Abita lontano, ma viene spesso a trovarla. La nipote, 30 anni, è Grande Ufficiale di Marina (tutto maiuscolo). Quando la nomina, le brillano gli occhi di orgoglio, dev'essere il suo gioiello, ciò che le rimane di suo figlio, una ragazza straordinaria, una carriera travolgente: al momento è imbarcata... ma appena avrà una licenza verrà a trovarla. In famiglia sono tutti ingegneri o ufficiali di Marina. Abbiamo chiacchierato tanto, nei giorni in cui siamo state insieme. Io seguivo un po' a fatica il suo eloquio ricercato e velocissimo, con un forte accento bretone. Mi ha raccontato molti momenti importanti della sua vita, quasi tutti belli. E su quelli brutti ha abbassato lo sguardo, con un filo di voce, dicendomi solo "è stata dura". Mi ha detto mille volte che avevo dei bei capelli e che anche lei un tempo aveva una chioma da invidiare. Le pesa questa piccola rinuncia alla vanità, le pesa come un macigno, ma si capisce che è un sipario per nascondere il dolore vero. Abbiamo parlato del futuro, di cosa l'aspetta; immagina di avere ancora una vita lunghissima e pensa a come riorganizzarla. Spera di "non perdere la testa, perché è terribile": io l'ho confortata, sostenendo che il peggio sarebbe per gli altri, che non potrebbero più parlare con lei, persona così deliziosa.
Quando ci siamo salutate, ho avuto invece l'impressione che il suo cuore fosse sempre più stanco, la sua voce più flebile e che il futuro... mah... L'ho ringraziata per tutto l'esercizio del francese cui mi aveva costretto e che mi era stato così utile, date le circostanze. Le ho stretto le mani fra le mie è le ho detto "Madame Merrien, siate fiduciosa, andrà tutto bene", e i suoi occhi azzurrissimi mi hanno detto tutto il resto.
P.S.: se vi capita un guaio grande, e finite in ospedale, scegliete Quimper, in Bretagna.
Se sapete il francese bene, è meglio. E poi, lassù, così a ovest, il sole in estate tramonta alle dieci di sera, la morte sembra sempre un po' più lontana.
Vive da sola, c'è un'infermiera che la mattina la aiuta a fare la toilette, a mettere le calze, e le dà l'abbrivio per cominciare la sua giornata. C'è anche qualcuno che le fa la spesa, e un fisioterapista un paio di volte alla settimana le massaggia la schiena e la accompagna a fare una passeggiata, o su per le scale del primo piano, quando se la sente. Si capisce che è una signora, e non perché non le mancano i mezzi. La sua più bella dote è la dignità. Una dignità sconfinata, incommensurabile, che abbaglia. La sua unica preoccupazione è quella di non disturbare mai.
Mi ha parlato della nuora, che ho visto una volta, una signora molto dolce e affettuosa. Mi dice che per lei è stato difficile, quando è rimasta sola, e che le è molto affezionata. Abita lontano, ma viene spesso a trovarla. La nipote, 30 anni, è Grande Ufficiale di Marina (tutto maiuscolo). Quando la nomina, le brillano gli occhi di orgoglio, dev'essere il suo gioiello, ciò che le rimane di suo figlio, una ragazza straordinaria, una carriera travolgente: al momento è imbarcata... ma appena avrà una licenza verrà a trovarla. In famiglia sono tutti ingegneri o ufficiali di Marina. Abbiamo chiacchierato tanto, nei giorni in cui siamo state insieme. Io seguivo un po' a fatica il suo eloquio ricercato e velocissimo, con un forte accento bretone. Mi ha raccontato molti momenti importanti della sua vita, quasi tutti belli. E su quelli brutti ha abbassato lo sguardo, con un filo di voce, dicendomi solo "è stata dura". Mi ha detto mille volte che avevo dei bei capelli e che anche lei un tempo aveva una chioma da invidiare. Le pesa questa piccola rinuncia alla vanità, le pesa come un macigno, ma si capisce che è un sipario per nascondere il dolore vero. Abbiamo parlato del futuro, di cosa l'aspetta; immagina di avere ancora una vita lunghissima e pensa a come riorganizzarla. Spera di "non perdere la testa, perché è terribile": io l'ho confortata, sostenendo che il peggio sarebbe per gli altri, che non potrebbero più parlare con lei, persona così deliziosa.
Quando ci siamo salutate, ho avuto invece l'impressione che il suo cuore fosse sempre più stanco, la sua voce più flebile e che il futuro... mah... L'ho ringraziata per tutto l'esercizio del francese cui mi aveva costretto e che mi era stato così utile, date le circostanze. Le ho stretto le mani fra le mie è le ho detto "Madame Merrien, siate fiduciosa, andrà tutto bene", e i suoi occhi azzurrissimi mi hanno detto tutto il resto.
P.S.: se vi capita un guaio grande, e finite in ospedale, scegliete Quimper, in Bretagna.
Se sapete il francese bene, è meglio. E poi, lassù, così a ovest, il sole in estate tramonta alle dieci di sera, la morte sembra sempre un po' più lontana.
venerdì 25 luglio 2014
Solo il ricordo
Io penso che quando si tirano le bombe sulle case, sulle scuole, sugli ospedali, quando si ammazzano i bambini, quando si spogliano i prigionieri e li si fa inginocchiare, quando si toglie l'acqua, quando si toglie l'aria, quando si toglie il respiro, l'umanità non esiste più. E in questo silenzio del mondo, spero che almeno una voce si alzi e ricordi il passato. Perché solo il ricordo, mai così lontano, può salvare oggi Gaza e il popolo della Palestina. E Israele.
mercoledì 18 giugno 2014
Le mie amiche e il temporale
Sono le otto di sera. Tuona forte, lampi giganteschi e spezzettati incrinano il cielo già scuro, già squassato dal frastuono. Scoppia il solito temporale, quello incazzato che mi spaventa sin da quando ero piccola, quello che mi tiene sveglia se sceglie la notte per arrivare, quello che mi fa scappare via dal mare, che mi toglie il respiro, che mi manda il cuore in gola.
Mi affaccio sulla porta di casa, per affrontarlo da adulta, le gocce violente grandi come tazzine (mi sembra), un torrente d'acqua verticale che sbatte sui tetti, sui ballatoi.
Ed eccole lì, le mie piccole amiche della ringhiera di fronte, con la nuova arrivata di quest'anno in braccio alla maggiore, come sempre. Sono sei, ormai. Il fagotto dell'anno scorso ora cammina e urla sul balcone tutto il giorno. Sono in fila, una accanto all'altra, in ordine di altezza, con le braccia alzate, il viso offerto alla pioggia scrosciante, i vestiti senza maniche bagnati; cantano felici, bevono l'acqua che invade la loro gioia, ridono, fradicie, con i capelli appiccicati al viso. Mi vedono, mi salutano: "Ciao!", e poi con la mano tutte, ciao, ciao... "Hai visto che bello?". La loro allegria rimette in ordine tutto, per due minuti; mi sbraccio anch'io, sorrido, ciao ragazze, sì, che bello... Il mio terrore, anche quello del temporale, si scioglie nei colori delle loro magliette aderenti e inzuppate, nei loro occhi scuri, nel grido pazzo ed entusiasta della penultima signorina, che grida sempre, ma stavolta di più. La mia inquietudine, che in questi giorni si salva nella rabbia, ora si bagna e gocciola via. Mentre anch'io provo a godermi lo spettacolo, sull'uscio al terzo piano di fronte appare il giovane papà. Poche parole, affettuose; immagino un "venite dentro, vi bagnate tutte!", e le bambine ubbidiscono. L'ultima mano sbuca per me, sotto la pioggia. Mi ritorna il batticuore.
Mi affaccio sulla porta di casa, per affrontarlo da adulta, le gocce violente grandi come tazzine (mi sembra), un torrente d'acqua verticale che sbatte sui tetti, sui ballatoi.
Ed eccole lì, le mie piccole amiche della ringhiera di fronte, con la nuova arrivata di quest'anno in braccio alla maggiore, come sempre. Sono sei, ormai. Il fagotto dell'anno scorso ora cammina e urla sul balcone tutto il giorno. Sono in fila, una accanto all'altra, in ordine di altezza, con le braccia alzate, il viso offerto alla pioggia scrosciante, i vestiti senza maniche bagnati; cantano felici, bevono l'acqua che invade la loro gioia, ridono, fradicie, con i capelli appiccicati al viso. Mi vedono, mi salutano: "Ciao!", e poi con la mano tutte, ciao, ciao... "Hai visto che bello?". La loro allegria rimette in ordine tutto, per due minuti; mi sbraccio anch'io, sorrido, ciao ragazze, sì, che bello... Il mio terrore, anche quello del temporale, si scioglie nei colori delle loro magliette aderenti e inzuppate, nei loro occhi scuri, nel grido pazzo ed entusiasta della penultima signorina, che grida sempre, ma stavolta di più. La mia inquietudine, che in questi giorni si salva nella rabbia, ora si bagna e gocciola via. Mentre anch'io provo a godermi lo spettacolo, sull'uscio al terzo piano di fronte appare il giovane papà. Poche parole, affettuose; immagino un "venite dentro, vi bagnate tutte!", e le bambine ubbidiscono. L'ultima mano sbuca per me, sotto la pioggia. Mi ritorna il batticuore.
venerdì 21 febbraio 2014
Bitmap # Proiezioni/02
Sembra un quadro, lo so, non ci si crede.
È un tumulto emotivo che mantiene un suo equilibrio, la paura è un'oggettiva irreale. Ma il mio primo piano è tutto a fuoco, la ragione ha la meglio. E quando tutto passa, si ricomincia a respirare. La terra si ferma di nuovo, si risale, come sempre, allacciati, anche solo con lo sguardo. Perché l'amore è una cosa seria, "spezza le vene delle mani", e tutto ciò (non) mi meraviglia.
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