Bicocca

Bicocca
Fausto Melotti, La sequenza, Milano

sabato 23 agosto 2014

Gli occhi di M.me Merrien

M.me Merrien ha gli occhi azzurri, è minuta, una cosina rinsecchita. Oggi ha 87 anni e una volta aveva un marito e tre ragazzi; il figlio è morto a 53 anni di cancro ai polmoni ("il fumo è una droga, credetemi"), e a lui rivolge le sue preghiere sottovoce, di nascosto, la sera (ma io le ho sentite).
Vive da sola, c'è un'infermiera che la mattina la aiuta a fare la toilette, a mettere le calze, e le dà l'abbrivio per cominciare la sua giornata. C'è anche qualcuno che le fa la spesa, e un fisioterapista un paio di volte alla settimana le massaggia la schiena e la accompagna a fare una passeggiata, o su per le scale del primo piano, quando se la sente. Si capisce che è una signora, e non perché non le mancano i mezzi. La sua più bella dote è la dignità. Una dignità sconfinata, incommensurabile, che abbaglia. La sua unica preoccupazione è quella di non disturbare mai.
Mi ha parlato della nuora, che ho visto una volta, una signora molto dolce e affettuosa. Mi dice che per lei è stato difficile, quando è rimasta sola, e che le è molto affezionata. Abita lontano, ma viene spesso a trovarla. La nipote, 30 anni, è Grande Ufficiale di Marina (tutto maiuscolo). Quando la nomina, le brillano gli occhi di orgoglio, dev'essere il suo gioiello, ciò che le rimane di suo figlio, una ragazza straordinaria, una carriera travolgente: al momento è imbarcata... ma appena avrà una licenza verrà a trovarla. In famiglia sono tutti ingegneri o ufficiali di Marina. Abbiamo chiacchierato tanto, nei giorni in cui siamo state insieme. Io seguivo un po' a fatica il suo eloquio ricercato e velocissimo, con un forte accento bretone. Mi ha raccontato molti momenti importanti della sua vita, quasi tutti belli. E su quelli brutti ha abbassato lo sguardo, con un filo di voce, dicendomi solo "è stata dura". Mi ha detto mille volte che avevo dei bei capelli e che anche lei un tempo aveva una chioma da invidiare. Le pesa questa piccola rinuncia alla vanità, le pesa come un macigno, ma si capisce che è un sipario per nascondere il dolore vero. Abbiamo parlato del futuro, di cosa l'aspetta; immagina di avere ancora una vita lunghissima e pensa a come riorganizzarla. Spera di "non perdere la testa, perché è terribile
": io l'ho confortata, sostenendo che il peggio sarebbe per gli altri, che non potrebbero più parlare con lei, persona così deliziosa. 
Quando ci siamo salutate, ho avuto invece l'impressione che il suo cuore fosse sempre più stanco, la sua voce più flebile e che il futuro... mah...  L'ho ringraziata per tutto l'esercizio del francese cui mi aveva costretto e che mi era stato così utile, date le circostanze. Le ho stretto le mani fra le mie è le ho detto "Madame Merrien, siate fiduciosa, andrà tutto bene", e i suoi occhi azzurrissimi mi hanno detto tutto il resto.

P.S.: se vi capita un guaio grande, e finite in ospedale, scegliete Quimper, in Bretagna.
Se sapete il francese bene, è meglio. E poi, lassù, così a ovest, il sole in estate tramonta alle dieci di sera, la morte sembra sempre un po' più lontana.

3 commenti:

  1. Il ps mi fa pensare che la frequentazione sia avvenuta in ospedale dove forse eravate entrambe degenti, non gravi. Bello quest'incontro fortuito e fortunato.
    ml

    RispondiElimina
  2. Eravamo degenti, sì, e abbastanza gravi, entrambe. Diciamo che è stata un'esperienza forte. Ora, a casa, le emozioni più equilibrate permettono un'analisi meno confusa. M.me Merrien, comunque, è dentro di me, sì.

    RispondiElimina
  3. L'importante e' che sia passata, la gravita', e che sia rimasto qualcosa di saldo e bello.
    ml

    RispondiElimina