Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano

domenica 30 ottobre 2022

Carnet de voyage - Paris #11 - Alors on dance

La temperatura di questo autunno concede tregua alle mie gambe bizzarre, mi siedo e guardo. Jardin du Luxembourg, pomeriggio, in attesa della golden hour, osservo un circolo dell’evasione e sento un po’ invidia, quella che ogni tanto accende le menti malate (che poi vedono gli altri felici e li ammazzano). Non ammazzo nessuno, anzi, me ne sto lì ore in adorazione. Lei con le scarpe rosse, lui le insegna i passi. Due ragazzi con i jeans bravissimi. Una signora robusta che si muove come una farfalla con il suo cavaliere. Marito e moglie in là con gli anni, si guardano affamati di passione. Sono tutti concentrati, sguardi di intesa, incroci acrobatici di ginocchia e stinchi. 

Il tango fa volare queste coppie, volo con loro. 







sabato 22 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #10 - Minuteria

Bambini 1. Alle sei del pomeriggio i bambini escono da scuola (materna ed elementare). Ad attenderli ci sono quasi sempre i padri, poche le mamme. Padri di ogni classe sociale e di ogni professione, e quindi con ogni tenuta: dalla tuta da lavoro alla giacca e cravatta con cartella. Danno la mano ai ragazzini e si avviano verso casa chiacchierando. In Italia i padri alle sei sono dappertutto tranne che fuori dalle scuole a raccattare i figli.

 

Bambini 2. In ogni dove vedo scolaresche che esplorano musei, giardini, quartieri, esposizioni, monumenti. Spesso gli insegnanti sono maschi, spesso uno solo, davanti. Non ho mai visitato un museo senza essere travolta da classi di studenti piccoli e grandi con relativo maestro/insegnante che si sgola per raccontare un’opera d’arte o contare i partecipanti all’uscita per essere sicuro di non aver dimenticato qualcuno. In Italia gli insegnanti si guardano bene dall’accompagnare i bambini in qualsiasi posto (e se poi succede qualcosa?...). Attività considerata inutile se non dannosa (per gli insegnanti).



Negozi di fiori. Ovunque. Ogni 200 metri c’è un negozio di fiori e piante. In tutti i quartieri, maggiormente in quelli periferici. L’erica in questo periodo la fa da padrona, ma anche le gerbere e le margherite non scherzano. Anche i cavoli, a dire il vero. E già si sprecano le composizioni natalizie. 



Giardini. Tanti, tantissimi. Tutti fioriti. A parte i grandi parchi, ogni metro quadrato libero all’incrocio fra due strade, alle spalle di edifici un po’ dimessi, fra i controviali, chiusi da cancelli o aperti. Hanno tutti il parco giochi, le panchine, i cartelli che indicano il nome delle piante, qualche volta una serra, e ormai intere aiuole con le piante aromatiche. Decine di trappole per i topi, padroni di Parigi. Cespugli di rosmarino e salvia che sforano nella dimensione della foresta. Confesso che ho staccato qualche rametto per farmi la minestra con i ceci. 

 



Librerie. Come i giardini e i negozi di fiori. Innumerevoli, in ogni dove, molto frequentate. Perlopiù specializzate: sotto casa ne ho una di soli testi erotici, ma in linea di massima si dividono fra materie: religiose (e non si contano, come le religioni praticate), vegan, esoterismo, infanzia, botanica, sport, benessere, architettura, arte (non architettura!), storia, diritto… In Italia le librerie chiudono una dopo l’altra. Le poche che resistono dedicano alle materie di cui sopra mezzo ripiano su uno scaffale. Del resto, se non porti i bambini a vedere un museo o un monumento, quale magia nera potrebbe mai spingerli in una libreria da grandi? Meglio “fare aperitivo”.


 

Mezzi pubblici. Vabbè, discorso inutile. Servizio capillare, si arriva ovunque con tempi rapidi. Carnet da dieci biglietti 16,90 euro. Oppure una serie di abbonamenti vari, con tariffe agevolate per una quantità di categorie. Nessuno ha la macchina qui. Tutti usano i mezzi, moltissimi sfrecciano in bicicletta, propria o noleggiata. Tutti fanno la spesa muovendosi con la borsa con le ruote e salgono su metropolitane e autobus trascinandosela senza problemi. Tutti vanno a prendere i figli a scuola con l’autobus. I vecchi e le vecchie sono tantissime, si spostano traballanti e con la mascherina (i vecchi hanno tutti la mascherina) e i giovani si alzano sempre, sempre, sempre per lasciare loro il posto a sedere. Regola che vale non solo per i vecchi ma per chiunque sembri in difficoltà. Non ci sono abituata. Quando tonerò (se tornerò) sarà uno shock. 




giovedì 20 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #09 - Arte viva

I giorni passano e piano piano cancello dall’elenco delle cose che voglio vedere. Una di queste è il famoso 59 Rue de Rivoli, un palazzo (ex squat) che dai primi anni 2000 ospita una trentina di atelier di giovani artisti, a turno, una sorta di collettivo autogestito che promuove l’arte contemporanea e la rende fruibile a tutti. Ormai sono passati più di vent'anni dalla vecchia casa occupata (l’edificio apparteneva al fallito Crédit Lyonnais), ogni pomeriggio il 59 è affollato da centinaia di giovani ma anche di vecchi (e vecchie carampane, come me), in cerca di un po’ di vitalità, di immaginazione, di creatività alla portata di tutti. Sono cinque piani con una scala che si arrampica su se stessa fino in cima (c’è anche l’ascensore… benedetta sia l’attenzione per chi è handicappato o ha problemi di mobilità!... però traballa un po’…).

A ogni piano i diversi artisti si dividono lo spazio, lavorano “a vista”, invitano gli ospiti a taggare le loro opere su Ig, chiacchierano, ascoltano la musica dai piccoli stereo vecchio stile, quelli con il manico che si possono portare in giro.

Ho parlato con un paio di loro, del colore, dei materiali, sostanzialmente della gioia; uno mi ha offerto il tè, una ragazza giapponese che disegna con tratti sottilissimi di penna biro mi ha fatto sedere sulla sua poltrona per riposarmi. Si possono comprare le loro opere, dalle dimensioni più varie. Alcuni, in formato cartolina, sono in vendita a soli 10 o 20 euro. Per essere la prima visita (ci tornerò sicuramente), ho passato davvero un bel tempo e onestamente non so dire che cosa mi sarei portata a casa. Credo quasi tutto. Particolarmente l’energia calma e fiduciosa che regna sovrana lì dentro. Buttala via.




lunedì 17 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #08 - «Montjoie! Saint-Denis!»

Grido di guerra dell’esercito dei re di Francia, a partire dai Capetingi. E va bene, andiamo a Saint-Denis. In lista da anni, ma per ragioni di tempo o di scelta, non ha meritato.
Allora, bisogna distinguere: la cattedrale e la cittadina ai margini di Parigi.
 
La cattedrale, vabbè, non richiede le mie quattro righe. La struttura in sé è maestosa, un respiro in ascesa. Poi ci sono la cripta, la necropoli reale. Tutte quelle statue distese sulle tombe, con i leoni ai piedi, le mani giunte, i volti dignitosi. Sembrano tutte anime vere e dormienti. Qui Maria Antonietta si mangia in eterno le sue brioche, Carlo V è ancora convinto che il sole non tramonti sul suo regno, Caterina de’ Medici è lì scomposta e discinta, accanto a Enrico II (morto durante un torneo cavalleresco), nudo e con il capo reclinato all’indietro. Il progetto della tomba è di Primaticcio, ma la realizzazione è di Germain Pilon, che con i ritratti ci sapeva fare. 




 

E adesso l’avanti e indietro lungo rue de la République. Qui c’è “un po’ di tutto”, anzi, no. C’è molto di quello. Quello che scrivono sui giornali, la banlieue, la terra di nessuno, dove vive “la racaille”, le feccia (cit. Monsieur Sarcozy). Abitare nel “93” (cioè nel 93° dipartimento) oggi è uno stigma da cui non si ci lava. Qui sono nati Cherif e Said Kouachy, i due fratelli dell'attentato a Charlie Hebdo, qui vicino viveva Samy Amimour, uno dei kamikaze che si è fatto esplodere al Bataclan. Eppure alle 4 del pomeriggio di domenica vedo solo tanta gente, molti giovani, molti di colore, molte ragazze con il velo, molti tipi strani evidentemente un po’ ai margini. Tutti che passeggiano, fanno compere, chiacchierano (anche fra sé e sé). In 500 metri ho contato almeno trenta negozi che vendono prodotti per capelli afro e migliaia di parrucche, vetrine che espongono tuniche di varia foggia, abiti sportivi, scarpe e poi anche caramelle (e c’è la fila), sotto il bel palazzo della Posta. Persino i manichini sul marciapiede sono neri, sembrano vivi (anche loro, come le statue della cattedrale), a dir la verità. Gli edifici sono dimessi ma raccontano di tempi migliori. Hanno dipinto un bel murale. Tornando verso la fermata della metropolitana scorgo le case popolari e la bruttezza vera, quella che sa di piscio e di miseria. C’è una specie di negozio dove si muovono gli organizzatori orgogliosi della candidatura di Saint-Denis come capitale europea della cultura per il 2028. Ho pensato a uno scherzo, ma evidentemente ci sperano.


p.s: A proposito, nel frattempo Melenchon ha portato 140.000 persone in piazza. Così, per dire... 










 

giovedì 13 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #07 - Architettura, primo giro

E alla fine, dopo 10 giorni, il cielo ha perso limpidezza. Qui sì che ti riconosco, bella mia. Ciondolare potrebbe sembrare meno soddisfacente. Invece no. Vado in cerca di edifici poco noti, ma che meritano almeno una fotografia. A parte la bellezza in sé dell’architettura (se non avessi un incedere ai limiti del rimanere in piedi, camminerei con lo sguardo sempre verso l’alto), si scoprono pezzi di storia che qua hanno avuto il buon senso di non cancellare. Non sempre, peraltro.

Ad esempio, a sud del Jardin du Luxembourg, l’antica scuola coloniale (dove si formavano i quadri amministrativi francesi da mandare nelle colonie, per dire... Perché questi avevano nella testa sempre quello!), ora sede dell’Ecole Nationale d’Administration, è uno degli esempi migliori di architettura islamica a Parigi, oltre alla Moschea, ovviamente.


2, av de l'Observatoire

 

 

Sull’angolo opposto, c’è un palazzo che definire esuberante è poca cosa. Sulla facciata, ci sono anche due elefanti a sorreggere i balconi sovrastanti, ed è un tripudio di ferro battuto e leoni scolpiti. Meno male che la gente non se ne accorge, la solita esagerazione.


1, av de l'Observatoire


 

Sempre nel VI Arr., in rue Vavin, ho scovato il primo edificio a gradoni in città (progetto di Henri Sauvage, 1912). La facciata, ricoperta di piastrelle bianche con decoro blu che ricordano le stazione della metropolitana, si ritira man mano verso l’alto per offrire una terrazza a ogni appartamento e dare luce ai piani inferiori.


26, rue Vavin


 

Non lontano da Nation, invece, c’è una strada con una sfilata di case sui due lati ispirate a falansterio di Fourier, realizzate negli anni ’70 dell’Ottocento. Sono 19 edifici in Rue des Immeubles Industriels, destinati agli artigiani: prevedevano la presenza dell'atelier” al piano terra e al primo piano, e gli spazi abitativi ai piani superiori. Le entrate erano spesso adornate da colonne ghisa dipinta. All’epoca c’era persino una macchina a vapore comune che forniva l’elettricità per le attività dei laboratori (lavorazione del legno che arrivava qui trasportato lungo un canale oggi interrato). Vi abitarono all’epoca anche 2000 persone e il complesso ha ricevuto anche un riconoscimento all’Esposizione Universale del 1878. Oggi i locali sono appannaggio di una carrellata di studi notarili (ça va sans dire). 




 

 

   

mercoledì 12 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #06 - Ricominciare sempre

Ieri infine mi sono incamminata verso Place de la République, risalendo il Blvd Voltaire. Era una bella giornata luminosa con il cielo limpido e mi sono fermata al bivio di fronte al Bataclan. La sua facciata colorata, ancora lì, l'insegna cambiata (adesso è nera). Una settimana prima di quel 13 novembre di sette anni fa ero qui, a Parigi, stranamente affollata di forze dell’ordine, gendarmes, soldati dai volti tesi. Poi avevo capito. Aspettavano, sospettavano. Novanta morti solo lì dentro. Il teatro ha riaperto un anno dopo. Ci ha cantato anche Mahmood, di recente. il 24 ottobre in programma c'è il concerto di Ghali. Stasera si esibisce il giovane artista inglese Cavetown. Per l’occasione dovranno sloggiare i clochard che ieri “abitavano” davanti all’entrata. Dal marciapiede opposto, con una certa angoscia, immagino i minuti di terrore, la concitazione, il buio, le raffiche di mitra. Non si esce più, da quel buio, temo. Eppure ho pensato che questo luogo rappresenti molto bene il concetto di ricominciare. Sempre. Il buio dentro, la luce fuori.



lunedì 10 ottobre 2022

Carnet de voyage Parigi #05 - Le persone

Il gioco è anche guardare le persone. Fino a una certa età corrono, corrono sempre. Le ragazze hanno tutte le borsette di cotone sulla spalla, i ragazzi gli auricolari in testa (anche le ragazze). Gli impiegati la cartella di cuoio. Le signore, molte, la borsa della spesa con le ruote. I senzatetto hanno i materassi, i piumini, i loro averi, spesso una sedia con un libro e una bottiglia. La forbice sociale si è molto allargata negli ultimi anni. Dalla bicicletta elettrica al cartone, è un attimo: il marciapiede è di tutti. Eppure c’è una vitalità che colpisce e il melting pot ormai è cosa compiuta. Tutti si amalgamano, probabilmente solo sugli autobus o per le strade, e mi fa ridere pensare che a casa nostra c’è gente che non ha capito che il processo è inarrestabile e giusto e naturale. E bello. Basta sedersi in metropolitana, entrare in un supermercato, passeggiare in un giardino (ne sono stati creati moltissimi) per vedere quello che saremo, nonostante le Meloni. Lingue, abiti, colori, bambini, scarpe, cappelli, acconciature. Più o meno, tutti con la giornata in mano.







sabato 8 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #04 - Il quarto stato è altrove

Il vantaggio di fingere di abitare qui è che posso dedicare del tempo a luoghi e cose che trascuro nelle visite brevi, ancorché frequenti. Cammino lentissimamente, date le circostanze, in quartieri un tempo popolari, ai margini della città, dove adesso risiedono in buona parte persone benestanti e di cultura, artistoidi e professionisti che si sono sistemati nelle casettine a due piani immerse nel verde, con giardino e antifurto, le palme, i roseti, i tavolini di ferro battuto sotto il pergolato. Bambini non se ne vedono, le scuole sono fuori dal reticolo di villette.

Ai margini del silenzio c’è un caffè dove siedono il giovane architetto e la signora attempata e magari anche due operai che stanno lavorando sulle tubature. Mi siedo anch’io per recuperare le energie. Il quarto stato, invece, no. Non si siede proprio. Quello si affretta nel chiasso, un chilometro più sotto. C’è da riflettere, se qui votano tutti a sinistra e laggiù no.



Quartiere Mouzaïa, XIX arr.




mercoledì 5 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #03 - E i curdi?

Al camposanto, volendo, si imparano sempre molte cose. Per esempio si ripassa un po' di storia, sulla tomba di Ahmet Kaya, popolarissimo cantautore rivoluzionario curdo. Strenuo difensore dei diritti umani, le sue canzoni furono costantemente censurate dal regime turco, che lo accusava di essere un membro del PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan. Nel 1999, quando Erdogan era ancora sindaco di Istanbul,  Ahmet Kaya si rifugiò a Parigi dopo aver subito minacce di morte per aver dichiarato di voler cantare le sue canzoni in curdo. Venne condannato in contumacia a tre anni di prigione per "propaganda separatista". Qui morì per una crisi cardiaca nel novembre del 2000, a soli 43 anni. Nel 2021 la sua tomba fu profanata, coperta di ingiurie, l'immagine scolpita del suo volto fu presa a martellate. Al Père Lachaise, Kaya dorme oggi in compagnia di altre personalità curde esiliate in Francia, come il politico curdo iraniano Abdul Rahman Ghassemlou  o il regista curdo turco Yılmaz Güney. 

Memo: per superare il veto della Turchia all’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO, Recep Tayyip Erdogan ha chiesto che i due paesi ritirino le protezioni concesse ai dissidenti curdi, e che avviino le procedure per l’estradizione di decine di persone che la Turchia considera appartenenti a organizzazioni terroristiche

Ah, già, Erdogan...



martedì 4 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi # 2 - La bellezza delle illusioni

Il quartiere dove abito è privo di turisti ma pieno di vita. In un raggio di 500 metri ci sono cinque supermercati (dallo snob vegano al Lidl a un Auchan dove si può soltanto ritirare la spesa ordinata online), tre fermate della metropolitana, due farmacie, una pletora di locali e botteghe (da noi scomparse), per ogni esigenza, ogni tasca, ogni capriccio. Due parchetti, le scuole di ogni grado (i ragazzini sempre in giardino… ma quanta educazione fisica fanno? Sento le risate e penso ai nostri inchiodati al banco 8 ore), un sacco di lavori sugli edifici, demolizioni, impalcature: avranno anche loro il 110%. Devo informarmi.

Comunque l’emozione più forte di ieri (devo imparare a riordinarle, le emozioni, quando sono qui è tutto elevato a potenza) è tutta per una puntatina divertente al Musée de la Illusion. L’infanzia riscoperta fra i giochi delle illusioni ottiche, scattando foto assurde, me piccolissima, me seduta una sedia gigante, un caleidoscopio che spezzetta i volti in mille spicchi, il turbinio di luci, i piani inclinati, la perdita delle proporzioni, dell’equilibrio (ma dai… si cade!), dell’orientamento.

Immagino che ci siano posti come questi in tutto il mondo, ma solo qui mi permetto il lusso di illudermi per un’ora che la realtà sia l’opposto di ciò che è.