Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano

mercoledì 25 febbraio 2015

Leggere e pensare

A margine del dibattito se Mondadori debba o no acquistare RCS, sono moltissime le considerazioni che nascono e popolano siti, blog e compagnia di giro. 
Per esempio, Umberto Eco su Repubblica dedica più attenzione alla preoccupazione per il monopolio dello Strega che non al problema del numero di lettori in Italia, che si sta sempre più erodendo (in linea con il precipizio etico e culturale di questo Paese). Sette italiani su dieci non leggono mai, preferendo evidentemente trascorrere il proprio tempo su fb o in altre forme di ricreazione.
"Un gruppo talmente potente (Mondadori) è una minaccia per la libertà di espressione. In termini di libero mercato è vero che spesso le concentrazioni sono economicamente inevitabili, ma il sistema rimane sano quando si attua ancora una concorrenza tra concentrazioni diverse. Ma quando esiste un gruppo più potente di tutti è la libera concorrenza che entra in crisi", dice Eco. Di parere contrario Busi, ma si sa, Busi è così. 
Quello che mi stupisce è il silenzio di Eco e dei suoi sodali su Amazon e sulle sue politiche, sul significato della lettura oggi, sulla diffusione (vertiginosa negli USA, molto meno importante in Italia) del libro elettronico, sulla figura del lettore che oggi è stato promosso ad autore e/o critico letterario, scalzando l'intermediario editore/editor/critico. La rivoluzione, per come la vedo io, sta nel fatto che il giudizio non si forma più nella patria di chi "crea" ma in quella di chi "fruisce" un'opera letteraria e questo cambia tutto lo scenario. Per esempio, il proliferare di opere autopubblicate (e la qualità? è demandata solo al passaparola?), o la strabordante pubblicazione di titoli illeggibili, anche di autori conclamati ma sostenuti da un marketing al limite della decenza (vedi il passaggio da Fazio ecc.), non meritano un'analisi un po' più approfondita, che affianchi il timore del monopolio editoriale? Di quale monopolio stiamo parlando? Ed è l'unico? E poi, quanto incide il prezzo della fruibilità? 
Segnalo questo intervento di Oliviero Ponte di Pino, per chi fosse interessato. Che poi, di cultura si potrebbe anche mangiare. O no?
http://www.illibraio.it/le-quattro-grandi-guerre-dei-libri-183131/ 

mercoledì 18 febbraio 2015

Super Macro Stichespiralidoso

Sarà che ho un carattere di merda, sarà che non ho veramente più il tempo nemmeno per pensare, comunque alla fine ho mollato il corso di fotografia. C'è da dire che l'insegnante era un essere insopportabilmente presuntuoso e pedante, e che si è rivelato anche un filino stronzo (l'ho soprannominato il Pezzente). E che anch'io sono insopportabilmente presuntuosa, e quando mi ha copiato una foto mi sono girate le balle. Comunque, pedante quanto lui, non ho voluto nemmeno stampare le foto per la penosa mostra che aveva messo in piedi nei corridoi della scuola. Così lui ha avuto anche il mio spazio per esporre le sue fotine (compresa quella copiata da me, ma più brutta). Figuriamoci! E tutti quei post inutili su Facebook, a metà tra l'innamorato triste e abbandonato e il Cartier-Bresson dei poveri.
Dal momento però che non mi piace buttare via il bambino con l'acqua sporca, ammetto che per qualcosa mi è stato utile, il suddetto Pezzente. Poco sull'inquadratura, molto sull'utilizzo della luce e sulla profondità di campo. E poi mi ha messo in testa un capriccetto che ho soddisfatto, e che mi permetto di segnalare "ai miei venticinque lettori", se alcuni di loro fossero interessati (e non lo avessero di già). Trattasi del convertitore macro Raynox
(DCR-250). In sostanza si tratta di lenti aggiuntive da agganciare all'obiettivo per adattarlo a riprese macro. Ohhh! L'ho lasciato dormire sulla scrivania per qualche settimana e finalmente, in una domenica di sole, con la finestra spalancata per catturarne ogni raggio, mi sono dedicata. Ora, a parte il Pezzente, c'è molto da imparare. Non che io voglia fotografare il culo delle mosche, eh? Però... Un pistillo? Una venatura? Un seme? Vabbè, è un giochino, dai. Serve molta luce, però. E anche il telecomando per lo scatto ritardato. E il cavalletto, perché il mosso è assicurato. E il tempo di cui sopra. Ecco, appunto. Ma che sarà mai...









sabato 14 febbraio 2015

Il mio grand jeté entrelacé

Valentina è bella. Ha dodici anni, gli occhi azzurri, i capelli lunghi e chiari, le unghie mangiucchiate con lo smalto e i brillantini. Ha un problema con i calcoli, tutti i calcoli,
anche i più facili. E anche con le figure geometriche. Ha difficoltà di astrazione, dicono. Fatica anche un po' a leggere, le piace molto di più ascoltare, ma io non cedo. Pretendo che legga a voce alta, anche in inglese, anche il capitolo di scienze sull'apparato circolatorio ed esigo che impari tutti i termini. Valentina ha un sorriso contagioso, un'allegria innata, una curiosità ingenua e travolgente. Passiamo molti pomeriggi insieme, cercando di dare una forma alle radici quadrate, un guizzo ai trapezi e alle loro aree, un colore alle regole delle potenze. La sua pigrizia si declina meticolosamente, un passaggio dopo l'altro delle espressioni inutili e complesse, nulla di ludico nelle approssimazioni a meno di un centesimo ("Ma a cosa servono?", mi chiede... e chi lo sa... io non ho mai approssimato niente al centesimo, nella mia vita). Le piacciono molto gli One Direction, spera di incontrarli, un giorno. Ma la sua vera passione è il ballo. Balla sempre, ci pensa continuamente, mi informa dei suoi progressi, mi mostra le sue punte nuove, mi racconta le coreografie. Quando si stanca o si stufa (cioè quasi sempre, dopo la forca della geometria), arrivano i verbi, in tutte le lingue possibili, a passo di danza. Arabesque: blow, blew, blown. Cambré: Je bois, tu bois, il boit, nous buvons, vous buvez, il boivent. Tendu: che io perdessi, che tu perdessi, che egli perdesse...  Con lei ho imparato a interpretare il mondo osservandolo da prospettive diverse, ho visto molta gioia e una responsabilità inaspettata, una ragazzina serissima e quadrata, che da tre anni gira da sola con i mezzi per la città, con la sua borsetta rosa, che dice che i suoi compagni a volte non sono gentili (!!), che non si lascia mai scappare una parolaccia, mai una cattiveria, solo sogni e desideri e sbuffi matematici. Mi ha conquistato settimana dopo settimana, con la sua determinata svogliatezza, i suoi stupori, la sua inconsapevolezza leggerissima, la sua espressione interrogativa quando per spiegarle le frazioni uso un modo di dire che non conosce (e ne non ne conosce quasi nessuno, Alice in Wonderland). Un giorno mi domanda se abbia mai fumato... sigarette; e canne? Io tentenno e così mi guarda con la sua aria ingenuamente sconcertata. "Ma hai mai fatto qualcosa di interessante?". Le correggo l'aggettivo in "trasgressivo", ma poi anch'io mi incarto. Cosa c'è stato di trasgressivo, nella mia vita?
Mi mette in difficoltà. Come quando  sentenzia, sulle punte:  "Tu spendi poco: hai sempre le stesse scarpe, gli stessi vestiti, gli stessi orecchini. Cosa ti compri per te, per essere felice?". Pas de bourré suivi, tombé, relevé... è questa la felicità, mi spiega. Vero.



Scarpette rosa