Bicocca

Bicocca
Fausto Melotti, La sequenza, Milano

venerdì 11 novembre 2016

Quando l'amore era l'amore



Dance me to your beauty with a burning violin
Dance me through the panic ’til
I’m gathered safely in
Lift me like an olive branch and be my homeward dove
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Oh let me see your beauty
when the witnesses are gone
Let me feel you moving like they do in Babylon
Show me slowly what I only know the limits of
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the wedding now, dance me on and on
Dance me very tenderly and dance me very long
We’re both of us beneath our love, we’re both of us above
Dance me to the end of love
Dance me to the end of love
Dance me to the children who are asking to be born
Dance me through the curtains that our kisses have outworn
Raise a tent of shelter now, though every thread is torn
Dance me to the end of love

So long, Leonard.

domenica 6 novembre 2016

Storia di Cesare e Katia

Cesare è un signore del 1933. Scrivo il suo nome per intero, perché probabilmente non leggerà questa storia e se anche la leggesse, non ci sarebbe niente di male. Cesare era un dirigente d'azienda e dopo 33 anni di lavoro, grazie a un benservito con i fiocchi, è andato in pensione. Si è goduto un bel po' il suo tempo nuovo, con la moglie e i suoi figli. Poi in sei mesi le cose sono cambiate, è rimasto vedovo e ciao. Il solito abisso senza sogni, lo spavento della solitudine e un'unica risorsa: la fede.
Ecco, io la fede proprio non la capisco. Capisco quasi tutto, ma la fede proprio no. 
Però la fede fa fare tante cose brutte ma anche qualche cosa bella. 
Cesare ha cominciato ad andare a Medjugorje, su e giù come un forsennato (appunto!), a pregare la Madonna eccetera. 

E un giorno, valigie in mano in partenza per la Bosnia-Erzegovina, ha sentito una voce dentro di sé (mi ha detto il termine esatto per indicare la voce che ti ordina di fare qualcosa, ma non me lo ricordo...), ha parlato con il suo padre spirituale e ha deciso di dedicarsi a chi ha bisogno.
Si è presentato in uno dei tanti istituti dove sono parcheggiate persone in difficoltà, ha indossato il camice bianco, un badge con la sua foto e si è messo a disposizione.

Katia ha 24 anni. Da piccolissima si è presa il morbillo, la sua testa si è liquefatta (si dice encefalite) e i genitori l'hanno abbandonata. Questo piccolo scarto umano è stato accudito per 16 anni in un posto simile a un ricovero per animali, senza offesa. Poi è stata trasferita in un ricovero per persone simili agli animali, senza offesa. Sola. Per capirsi, senza nessuno al mondo che le portasse un vestito, uno spazzolino da denti, un paio di scarpe, che tanto non le servono. Tutto ciò che ha, è fornito dallo stato sociale o dalla carità umana. Anche il caschetto che le copre la testa, per non fracassarsela quando si irrita con la vita, il che avviene fin troppo poco, data la sua situazione. Sola. Per capirsi, nessuno va a trovarla: mai.

Otto anni fa la Madonna di Medjugorje, o chissà che altro, ha consigliato a Cesare di occuparsi di Katia. 
Quindi Cesare è diventato padre/nonno/fratello/familiare/amico di ciò che rimaneva del piccolo scarto umano. Giorno dopo giorno le ha insegnato a stare in piedi un po', a sorridere un po', a guardare fuori dalla finestra un po'. Ad aspettarlo, sempre. 
Le compra spazzolini e scarpe inutili, si siede accanto a lei e non di fronte, l'ha portata persino a Lourdes "con l'aereo, eh?" (eh...).
Katia è inguardabile, ovviamente. E non solo Katia. Tutto il circo umano che abita dove abita Katia è inguardabile. Sotto quel tendone di dolore e marginalità, però, il numero per niente acrobatico di Cesare in camice bianco, più o meno illuminato dalla Vergine Regina della Pace, è un bell'esempio per chiunque.