Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano
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mercoledì 11 ottobre 2017

Qui voit Ouessant...

...voit son sang. 

Chi vede (l'isola di) Ouessant vede il suo sangue.

Perché il mare tempestoso la avvolge e la sfida, con il suo urlo nero.  

Ouessant è la mia fissazione. L'isola spazzata dal vento, esposta, sola, tenace, lontana. Irraggiungibile in inverno, poco raggiungibile in estate. Quella che fa la preziosa. Che ci vuole il bel tempo, che ci vuole il mare calmo, che ci vuole il giorno giusto, che ci vuole l'intenzione, che ci vuole pazienza. Che desidero da sempre e non ce l'ho mai. La più a ovest. 

E finalmente due ore di traghetto, e poi lei è lì, distesa, bellissima, con il suo cielo a tratti imbronciato, a tratti dello stesso blu dell'oceano. L'ho accarezzata tutta, come una tartaruga che dorme, come i desideri realizzati, come l'anima calma. 
È il posto più bello del mondo. No, forse l'ho già detto di molti altri posti. Invece sì, è il posto più bello del mondo. Va bene, è uno dei posti più belli del mondo.

Ouessant è silenziosa. Fra poco le bufere atlantiche la zittiranno davvero e i suoi 800 abitanti ascolteranno solo il fragore delle onde e del vento, come i suoi tanti fari. Un rantolo terrificante accompagnerà i suoi marinai, che escono ogni giorno in quel grigio cupo e violento, che ti fa sentire un niente. E quasi sempre ti chiedi se mai tornerai.

Ho dato retta per un giorno al desiderio assurdo di vivere qui, al riparo dalla ragione. Un giorno di gioia assoluta, io ben distante da me stessa e lei, così vivificante. Aria da respirare. Vorrei vedere il mio sangue, per davvero.






 







domenica 1 ottobre 2017

L'Ovest di Macron

Quasi sei mesi di silenzio: vorranno pure dire qualcosa!
La ragione è principalmente una: il profluvio di condivisione altrui mi dissuade dal partecipare alla colata di pensieri e ri-postaggi e comunicazioni varie.
Se il lettore è infastidito quanto me da questa cornucopia di robe inutili, spiagge, figli, battute, aperitivi, battaglie umanitarie, articoli di giornale ripubblicati decine di volte, insulti, megafoni, opinioni su tutto lo scibile umano, dagli animali domestici ai vaccini, che voglia avrà di leggersi le mie quattro cazzate pensate e ripensate, possibilmente purgate dalla noia e dalla banalità (che comunque...). 
Pazienza, ci riprovo.
Un blog uno se lo va a cercare, in fondo. Ecco, ve la siete cercata.

Piccola premessa: quest'estate volevo sanare una ferita. No, volevo chiudere un cerchio. No, volevo vendicarmi. Tre anni fa il mio giretto era stato interrotto da una sgradevole vicenda personale e non l'avevo digerita, 'sta cosa. Quindi sono andata là dove avevo abbandonato i miei pensieri. Anzi, ho voluto guardare un'altra Bretagna, quella ancora tenacemente comunista, ora impoverita e che ha dovuto ingoiare Macron, pur odiandolo. Niente mete turistiche, o poche, e molto territorio, molta natura, molte coste, molti campi coltivati.

Ho cercato gli sguardi e la rabbia di queste persone testardamente legate alle tradizioni, al mare, al vento. Anime durissime, abituate alla fatica e alle sfide delle tempeste. Capelli rossi, fisico imponente, sorrisi asciutti, cerate gialle. Pescato. L'odore forte di alghe e di vacche. Melenchon e il bolscevita Hamon (bretone, il padre l'avrebbe voluto camallo al porto) qui sono ancora gli unici che difendono la pesca d'altura dalle grandi multinazionali e la terra dei contadini dalla devastante urbanizzazione; sono gli ultimi bastioni contro la costruzione dell'aeroporto di Nantes e lo sfruttamento di ciò che resta dei pescatori di professione. Li hanno votati i giovani, in gran parte, quelli che ancora sperano. Resiste e forse rinasce qui la sinistra francese, in questa terra protesa e stanca.  

Pesca d'alghe al largo di Roskoff

Insegna dell'Associazione per il salvataggio di vite umane in mare




martedì 4 ottobre 2016

Metaforicamente

Dieci giorni fa ho conosciuto Kevin. Ha 11 anni, vive a Brusson, in Val d'Ayas. Aveva in mano una vipera di legno snodabile, che sembrava proprio una vipera e infatti si era avvicinato a me facendola zigzagare fra le mie gambe, per spaventarmi. Ha un'indole scherzosa, Kevin. Frequenta la prima media ed è veramente sveglio. Si è lamentato perché l'insegnante di italiano è tremenda ("stronza?", ho chiesto... "di più", mi ha risposto sgranando gli occhi). Mi ha fatto anche il nome, della professoressa, che del resto non era valdostano. Kevin possiede (dice lui, ma immagino intenda la sua famiglia) 140 capre. Abbiamo chiacchierato dieci minuti e mi ha spiegato la differenza fra la razza di capra camosciata delle Alpi e la capra valdostana, che ha il mantello scuro, quasi nero, e le corna possenti adatte alle "battaglie delle capre", una sorta di gara a chi cede per primo. En passant, mi è sembra un tipo di confronto che mi appartiene. Ho assistito ad alcuni degli incontri eliminatori di una "battaglia" e non ho ben capito le regole, comunque il proprietario della capra, se si accorge che questa è poco propensa a scornarsi con la capra avversaria o la teme, la ritira. Ne rimarrà soltanto una, per dire...

Io non sapevo niente di questa storia della "battaglia delle capre" e forse ero l'unica al mondo, perché l'altro giorno persino Mauro Corona ne ha parlato su la Repubblica. Quindi, se ne parla Corona, che a me sta pure antipatico nonostante le origini comuni, allora mi sento autorizzata a raccontare di Kevin, delle sue capre che non sono arrivate nemmeno alle semifinali e della sua professoressa più che stronza. 



giovedì 26 maggio 2016

La roba potente dove non ti aspetti

Io la natura la sottovaluto. Sempre. Me ne ricordo solo quando la stanchezza prende
il sopravvento e allora la desidero come un amante, oppure quando d'estate cammino a piedi nudi sull'erba, sull'orlo dell'abisso di qualche scogliera, e magari sono le dieci di sera,
il sole non ha voglia di andar giù e io non ho voglia di dormire. Lì penso "che roba potente, la natura", oppure "come mi cura la natura non lo fa nessuno al mondo". Poi però ricomincia la solfa della sopravvivenza alle circostanze, che già di suo non è proprio un valore aggiunto.

Oggi sono passata controvoglia da mio padre, perché lo sapevo che lui di sopravvivenza se ne intende da un po'. E oggi poi, particolarmente, perché è una data che gli fa male.
I suoi rimedi non gli sono più consentiti, quindi deve sottomettersi a quelli decisi dagli altri, tipo macedonia e un ritratto di Olga Peretyatko su Rai5. Ha spento il televisore, abbiamo
fatto il punto sulla giornata, un po' scontrosi. Alla fine, giusto per riempire un silenzio un po' antipatico, mi ha detto: "Lo sai che una merla ha fatto il nido sul balcone?".
Piano piano ho socchiuso la finestra, ho sbirciato fra i gerani nuovi e un oleandro enorme (ma da dove arriva?) che infatti protegge un portavaso laterale, appeso alla ringhiera. Lì ho visto il cestino tondo, lei che mi fissava, l'occhio sveglio, quello da mettere a fuoco quando si fanno le foto agli uccelli. Immobile. Marrone, il becco scuro, nascosta fra i fiori e una pianta grassa. Poi forse si è spaventata ed è volata via, lasciando le sue quattro uova incustodite. Avrei voluto scusarmi, il suo padrone di casa non la disturba mai, io sono stata una gran maleducata.

Spero che sia tornata, se mai avrà capito che non immaginavo di trovare la "roba potente" in casa di un signore che alla natura chiede ormai solo un po' di giustizia.

giovedì 27 agosto 2015

La verità, vi prego, sulla gioia

No, dico: è chiaro perché non capisco più niente quando le vedo?
La prima è un cucciolo; e anche l'ultima, che dorme, con il muso fuori.
La seconda e la terza sono due amiche.
Io sono la quarta: riconoscibilissima.
Chiedo scusa a tutti, le foto delle vacanze sono un tedio... 










mercoledì 12 agosto 2015

Screenshot # 06 - Seals

Non c'è scritto da nessuna parte, né ufficiale, per esempio in una qualsiasi delle inutili guide turistiche che giustamente non compra piu nessuno (pagine e pagine di Dove dormire e Dove mangiare, consigli di B&B o ristoranti inaccessibili per costi e disponibilità, ma qualcuno lo sa che sono tutte segnalazioni marchettare?), né ufficiosa, come i resoconti di viaggio postati su forum di ogni genere e di ogni attendibilità. Ma io non demordo e quindi appeno stringo amicizia con qualcuno, gliela meno con la storia delle foche: dove posso vederle? E così, con il passaparola, prima o poi ci arrivo. Non è proprio agevole, eh? Prima di tutto bisogna capire cosa dice l'interlocutore, che preso dalla smania di dare informazioni dettagliate, inorgoglito dalla richiesta, si lascia andare a indicazioni stradali assurde, con punti di riferimento ovviamente non interpretabili e tempistiche perlomeno approssimative. Poi c'è la difficoltà della guida a sinistra in passaggi rurali praticamente sterrati o con pendenza al 12%, unica carreggiata larga pochi centimetri più del Ducato. E infine il sentiero costiero, a picco su precipizi spaventosi, da cui sporgersi con binocolo e macchina fotografica con zoom montato che ciondolano nel vuoto... E scrutare. Ma ore e ore di cammino, di vento che sposta anche i sassi, di pioggerellina snervante, generalmente ripagano. Eccola laggiù, la testina nera a forma di L, periscopio lucido e animato: si guarda intorno e poi sparisce. Allora penso di averla sognata, miraggio patetico e infantile. E dopo qualche minuto, la vedo di nuovo. Sembra che mi cerchi, mi canzona, la furbetta. Una giravolta e giù, di nuovo. Allora no, è vero! Ci sono! Avevano ragione il ciccione di Polperro, e il giovanotto che gestiva quel campeggino con lo specchio dei bagni montato in una cornice di legno argentata, e persino la vecchina del Trust che mi voleva offrire il tè mentre mi faceva parcheggiare in verticale sopra Cape Cornwall ('sto viaggio mi ha messo un'ansia...). E anche l'escursionista un po' troppo alla mano che oggi mi ha detto che c'erano i "puppies", o così mi sembrava di aver capito. Mammamia, i piccoli, davvero! Dormivano, uno sulla sabbia di una caletta, gli altri galleggiando in verticale a pelo d'acqua, o sul fianco... Ogni tanto qualcuno si svegliava, guardava in su, e poi scivolava sotto il turchese della baia, e buonanotte. Impalata dall'emozione non volevo più saperne di tornare indietro, piccola foca anch'io, oppure enorne madre dal testone nero, che controlla a distanza il pisolino indolente dei suoi giovani siluri grigi.
Sono a posto, adesso. Dopo questo posso finalmente avviarmi con spirito pacificato nella finzione di re Artù, nella grotta di Merlino, a Wells, a Bath, a Londra, dove volete. Il mio place to be l'ho già trovato: si chiama Godrevy Point, dopo St Ives. Torno, torno. Un giorno torno.