Bicocca

Bicocca
Fausto Melotti, La sequenza, Milano

giovedì 13 ottobre 2022

Carnet de voyage - Parigi #07 - Architettura, primo giro

E alla fine, dopo 10 giorni, il cielo ha perso limpidezza. Qui sì che ti riconosco, bella mia. Ciondolare potrebbe sembrare meno soddisfacente. Invece no. Vado in cerca di edifici poco noti, ma che meritano almeno una fotografia. A parte la bellezza in sé dell’architettura (se non avessi un incedere ai limiti del rimanere in piedi, camminerei con lo sguardo sempre verso l’alto), si scoprono pezzi di storia che qua hanno avuto il buon senso di non cancellare. Non sempre, peraltro.

Ad esempio, a sud del Jardin du Luxembourg, l’antica scuola coloniale (dove si formavano i quadri amministrativi francesi da mandare nelle colonie, per dire... Perché questi avevano nella testa sempre quello!), ora sede dell’Ecole Nationale d’Administration, è uno degli esempi migliori di architettura islamica a Parigi, oltre alla Moschea, ovviamente.


2, av de l'Observatoire

 

 

Sull’angolo opposto, c’è un palazzo che definire esuberante è poca cosa. Sulla facciata, ci sono anche due elefanti a sorreggere i balconi sovrastanti, ed è un tripudio di ferro battuto e leoni scolpiti. Meno male che la gente non se ne accorge, la solita esagerazione.


1, av de l'Observatoire


 

Sempre nel VI Arr., in rue Vavin, ho scovato il primo edificio a gradoni in città (progetto di Henri Sauvage, 1912). La facciata, ricoperta di piastrelle bianche con decoro blu che ricordano le stazione della metropolitana, si ritira man mano verso l’alto per offrire una terrazza a ogni appartamento e dare luce ai piani inferiori.


26, rue Vavin


 

Non lontano da Nation, invece, c’è una strada con una sfilata di case sui due lati ispirate a falansterio di Fourier, realizzate negli anni ’70 dell’Ottocento. Sono 19 edifici in Rue des Immeubles Industriels, destinati agli artigiani: prevedevano la presenza dell'atelier” al piano terra e al primo piano, e gli spazi abitativi ai piani superiori. Le entrate erano spesso adornate da colonne ghisa dipinta. All’epoca c’era persino una macchina a vapore comune che forniva l’elettricità per le attività dei laboratori (lavorazione del legno che arrivava qui trasportato lungo un canale oggi interrato). Vi abitarono all’epoca anche 2000 persone e il complesso ha ricevuto anche un riconoscimento all’Esposizione Universale del 1878. Oggi i locali sono appannaggio di una carrellata di studi notarili (ça va sans dire). 




 

 

   

1 commento: