Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano

giovedì 23 gennaio 2014

Di vecchiaia si muore

Mio padre ha 80 anni e rotti, è ancora un bell'omone, con tanti capelli, e litighiamo veramente tanto. La verità è che non mi rassegno, non accetto che si rincoglionisca così, che si arrenda. 
Non accetto che non si interessi più di politica ("tanto ormai non mi riguarda più... facciano quello che vogliono, cazzi tuoi che resti"), non accetto che si compri i cibi pronti, lui che sognava di aprire un ristorante con la sua amica Gianna. Non accetto che non legga più i libri, ma sfogli solo i titoli del giornale, perché lo annoia tutto e in questo mondo non si riconosce, e la tecnologia e tutto il resto. Non accetto che non usi più la macchina fotografica perché non vuole scoprire le foto rimaste lì da Natale di cinque anni fa, non accetto che non si ricordi di quella volta che siamo andati in vacanza io e lui da soli in Costa Azzurra, non accetto che mi chieda quattro volte di seguito se deve pagare l'Imu e non si ricordi che gliel'ho già pagata io, non accetto che mi parli sempre della sua infanzia e di quei posti lassù in montagna, che io neanche conosco, e della Resistenza, e dei tedeschi e del partigiano morto che ha trovato nel bosco, e di quell'altro che invece l'avevano ammazzato i partigiani perché "lo sapevano tutti, perché...". 
Non accetto che zoppichi, qualche volta, e non accetto che vada a letto troppo presto e che poi si svegli alle tre di notte e non dorma più, non accetto che prenda le multe perché non ha visto il rosso, che si faccia raggirare dai ladri nel parcheggio del supermercato, che mi ripeta sempre le stesse cose, che non si interessi di quello che faccio, che viva di ricordi sbiaditi e corrotti e ricostruiti a modo suo. Che mi dica che i vecchi sono maledetti e che bisognerebbe ammazzarli tutti. Che mi parli sempre di mia madre e che mi dica che la sogna. Che sparpargli sul tavolo tutte le cartellette piene di documenti sulla sua salute e le lasci lì, da anni, suddivise per patologia e poi non trova mai quella giusta che gli serve. Non accetto che mi ricordi che vuol morire in fretta e senza soffrire, meglio se presto, così gli rispondo che non dipende da me e nemmeno da lui, e che anche per Abbado non è stato facile (lo so, lo so, era del '33 anche lui...). 
Non accetto che mi guardi con i suoi occhi grigi e un po' persi, che non metta la sciarpa quando esce e fa freddo, che strapazzi la frizione della macchina. Non accetto che sopravviva soltanto. Non accetto che invecchi. Non accetto che vada via, piano piano, un pezzo per volta.


6 commenti:

  1. ...sto piangendo. Mi sono ritrovata in tutto. Grazie Berenice!

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  2. Eh... Grazie a te per aver condiviso.

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  3. Puo' essere poetica una pagina cosi' piena di paura, di amore ruvido, di non rassegnazione al tempo? Si', puo'.
    massimolegnani

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  4. Grazie, sì, credo sia amore ruvido.

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  5. quant'è bello, che sogni la tua mamma.

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  6. La sogno anch'io... (ma non glielo dico per proteggerlo). Non riesce a ricomporre la sua assenza. E forse a una certa età dovrebbe essere lecito sottrarsi a questo squasso.

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