Ce l'ho fatta. Sono arrivata in fondo. Al "Regno" di Carrère, intendo. Un vero atto di fede,
è il caso di dire. A parte l'argomento Gesù e compagnia di giro, che non mi appassiona
(e questo è un male, denuncia infatti la mia ignoranza o almeno la mia conoscenza approssimativa), ho trovato le oltre 400 pagine un discorso lungo e a volte pedante, ahimè poco organico, ondeggiante fra la demolizione della figura di Paolo e l'interpretazione di quella di Luca, con qualche appassionante incursione storica (che mi avvicinava e incuriosiva) e qualche giustificazione personale (anche).
Ma: se ho resistito, lo devo alla scrittura di Carrère, restituita magnificamente dal traduttore Francesco Bergamasco. E fra molta ridondanza, le ultime venti pagine meritano da sole la fatica. Diciamo che non mi sento mai sola, quando leggo Carrère. Basta e avanza per leggerlo anche nelle notti difficili, quando la luce della coscienza non vuole affievolirsi.
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