Ci sono a volte incredibili giornate di sole e di cielo. Allora certi abbracci pungono ancora
di più. Non c'è nulla di irreparabile, lo sappiamo già tutti. Salvo rari casi, perdere il lavoro non è una malattia. Una prova, quello sì: di resilienza, di coraggio, di reazione.
Quasi tutti ce la facciamo e ce l'abbiamo fatta, anche quando sapevamo che ben che vada si peggiora (e non poco). Quindi se oggi io e L. ci siamo abbracciati, proprio come dieci anni fa, di questi tempi, non devo (non dobbiamo entrambi) sentirci persi, perché non ci siamo persi in dieci anni e non ci perderemo mai. Funziona così. Cambieremo di nuovo le nostre abitudini, ma che importa? Mangeremo sempre quel panino ridanciano, lo raggiungerò all'una in qualche angolo della città. Questo è la solfa che mi canto attraversando il parco in bici, lentamente, con quell'azzurro beffardo sopra di me. E che sarà mai? Ci vediamo a settembre, certo. Troverà una soluzione come tutti e nel frattempo stasera guardo il dvd che mi ha messo nella borsa, sguardo basso, bassissimo ("Alla ricerca di Vivian Maier", di J. Mallof e C. Siskel).
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