Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano

giovedì 21 novembre 2013

Cento giorni (di felicità)

Non sono molto sensibile alle promozioni letterarie, però mi ha colpito che il libro di un regista e sceneggiatore italiano non troppo originale abbia sbancato alla Buchmesse di Francoforte: è stato acquistato da decine di case editrici in tutto il mondo, così, sulla fiducia.
La storia è semplice: a un mediocre ex pallanuotista quarantenne viene diagnosticato un cancro in fase terminale. Tre mesi e rotti di vita, e ciao.
Lui ha la sua bella famigliola, vivacchia fra insuccessi e sogni di bambino rimasti tali, ha un lavoro di merda. Vabbè, il resto si intuisce: negli ultimi cento giorni che gli restano prova a mettere ordine, con la complicità degli amici più cari e con tanta tenacia. Con un filo di coraggio, che gli fa onore, sceglie il suicidio assistito, tema non facile da affrontare, di questi tempi. Il titolo però secondo me inganna: io non l'ho vista la felicità. Ho visto un po' di riparazione, un po' di consapevolezza, ma la felicità, quella, no.
Ovviamente l'età dell'autore e del protagonista hanno una facile eco nei lettori della sua generazione, che è più o meno la mia. In noi che riconosciamo i suoi piccoli e grandi progetti, i fallimenti personali annunciati, i brani musicali (Tom Waits... ahhhh...), le trovate, gli errori. Quindi è una passeggiata dentro, sopra, a fianco, sotto noi stessi. Con un filino di ironia che opacizza il dolore e la paura, soprattutto di non avere (più) tempo.
Non grido al miracolo, anche se la scrittura è fluida e c'è anche qualche cosina di geniale, come ricordare ogni tanto, in modo leggiadro, tutte le idee originali di Leonardo. Molte delle quali, però, sono rimaste idee: perché tra il dire e il fare, anche per Leonardo, come per noi.... E lo sa bene anche Fausto Brizzi. Che vorrebbe diventare scrittore. Se questa è farina del suo sacco, se lima gli eccessi di fantasia, se non molla, ce la farà. Spero.

P.S.: la spiaggia, però, non degrada: digrada. Lo dico anche al revisore di Einaudi, che non mi leggerà, perché lui fa parte di quelli che invece ce l'hanno fatta.

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