Io la natura la sottovaluto. Sempre. Me ne ricordo solo quando la stanchezza prende
il sopravvento e allora la desidero come un amante, oppure quando d'estate cammino a piedi nudi sull'erba, sull'orlo dell'abisso di qualche scogliera, e magari sono le dieci di sera,
il sole non ha voglia di andar giù e io non ho voglia di dormire. Lì penso "che roba potente, la natura", oppure "come mi cura la natura non lo fa nessuno al mondo". Poi però ricomincia la solfa della sopravvivenza alle circostanze, che già di suo non è proprio un valore aggiunto.
Oggi sono passata controvoglia da mio padre, perché lo sapevo che lui di sopravvivenza se ne intende da un po'. E oggi poi, particolarmente, perché è una data che gli fa male.
I suoi rimedi non gli sono più consentiti, quindi deve sottomettersi a quelli decisi dagli altri, tipo macedonia e un ritratto di Olga Peretyatko su Rai5. Ha spento il televisore, abbiamo
fatto il punto sulla giornata, un po' scontrosi. Alla fine, giusto per riempire un silenzio un po' antipatico, mi ha detto: "Lo sai che una merla ha fatto il nido sul balcone?".
Piano piano ho socchiuso la finestra, ho sbirciato fra i gerani nuovi e un oleandro enorme (ma da dove arriva?) che infatti protegge un portavaso laterale, appeso alla ringhiera. Lì ho visto il cestino tondo, lei che mi fissava, l'occhio sveglio, quello da mettere a fuoco quando si fanno le foto agli uccelli. Immobile. Marrone, il becco scuro, nascosta fra i fiori e una pianta grassa. Poi forse si è spaventata ed è volata via, lasciando le sue quattro uova incustodite. Avrei voluto scusarmi, il suo padrone di casa non la disturba mai, io sono stata una gran maleducata.
Spero che sia tornata, se mai avrà capito che non immaginavo di trovare la "roba potente" in casa di un signore che alla natura chiede ormai solo un po' di giustizia.
Bicocca
giovedì 26 maggio 2016
martedì 17 maggio 2016
La Callas in ciabatte
Tutto è cominciato una settimana fa. Mi ha telefonato la proprietaria di un appartamento del piano di sopra, affittato a due giovani studentesse di filosofia, chiedendomi informazioni sul sig. Rossi, che vive esattamente sotto le ragazze. Sembra che il mio vicino ascolti musica lirica fino a notte fonda e a volume altissimo, impedendo il riposo alle due assetate di cultura. Onestamente, io non ho mai sentito nulla, tanto meno nottetempo. Cioè, qualche volta, passando sul ballatoio, ammetto di aver sorriso alla voce della Callas, ma roba minima, e di giorno.
Da allora la vicenda procede su strade ansiose. La proprietaria inizia a telefonare a destra e a manca ai vicini, che cadono dalle nuvole. In ascensore fra noi se ne parla, ma il problema di questi tempi è l'assemblea in cui si deciderà il rifacimento della facciata, altro che la lirica del Rossi. Bisogna raccogliere le firme per le deleghe, chissenefrega della Madama Butterfly.
Quando l'ho conosciuto, vent'anni fa, il Rossi aveva un bel lavoro e la ventiquattrore in mano, chiacchieravamo spesso dei miei fiori e del suo gatto sulla porta di casa, soprattutto nelle calde serate estive. Vabbè, poi è andata così. Esaurimento nervoso (ora si chiama burn out), delusione d'amore, sembra, solitudine. Diciamo che si è lasciato un po' andare. Non esce più, lo incontro raramente.
L'altro giorno le studentesse del piano di sopra gli hanno appiccicato alla porta un cartello pieno di errori di grammatica con cui lo invitavano a non disturbare il loro sonno. La firma, "Alcuni condomini", era astiosa e vergognosamente anonima.
Il signor Rossi è venuto a mostrarmi l'avvertimento, offeso e scandalizzato. Con molto garbo gli ho consigliato l'uso delle cuffie, ma non mi è parso convinto.
Per farla breve, stanotte la luce della ragione l'ha abbandonato. Psicofarmaci più alcol hanno scatenato la stizza per il torto ricevuto, è salito al piano di sopra per parlare con le "filosofe" e si è messo a gridare troie di merda e le studentesse analfabete hanno chiamato i carabinieri e poi l'hanno portato via e poi e poi...
E poi il signor Rossi, che ha un paio d'anni più di me, è venuto a dirmi che sì, le filosofe hanno chiamato i carabinieri, ma lui non si ricorda bene cos'è successo. E io ho visto tutto la tristezza del mondo nel suo sguardo perso e sporco, nelle sue ciabatte sgangherate, nel suo vuoto d'anima.
E ho visto tutta l'arroganza e la pochezza del mondo schiacciate di corsa nelle valigie delle filosofe, che stamani alle 5 sono scappate via, e nella voce concitata della proprietaria che non si capacita del "muro omertoso" che noi vicini abbiamo eretto intorno a questo uomo "squilibrato, fuori di testa, che insulta e urla".
Sì, perché nessuno di noi, obiettivamente, vorrebbe lasciare il signor Rossi in bocca ai suoi fantasmi, proprio adesso che rifaremo la facciata.
E in questo ho visto tutto il bene del mondo.
Da allora la vicenda procede su strade ansiose. La proprietaria inizia a telefonare a destra e a manca ai vicini, che cadono dalle nuvole. In ascensore fra noi se ne parla, ma il problema di questi tempi è l'assemblea in cui si deciderà il rifacimento della facciata, altro che la lirica del Rossi. Bisogna raccogliere le firme per le deleghe, chissenefrega della Madama Butterfly.
Quando l'ho conosciuto, vent'anni fa, il Rossi aveva un bel lavoro e la ventiquattrore in mano, chiacchieravamo spesso dei miei fiori e del suo gatto sulla porta di casa, soprattutto nelle calde serate estive. Vabbè, poi è andata così. Esaurimento nervoso (ora si chiama burn out), delusione d'amore, sembra, solitudine. Diciamo che si è lasciato un po' andare. Non esce più, lo incontro raramente.
L'altro giorno le studentesse del piano di sopra gli hanno appiccicato alla porta un cartello pieno di errori di grammatica con cui lo invitavano a non disturbare il loro sonno. La firma, "Alcuni condomini", era astiosa e vergognosamente anonima.
Il signor Rossi è venuto a mostrarmi l'avvertimento, offeso e scandalizzato. Con molto garbo gli ho consigliato l'uso delle cuffie, ma non mi è parso convinto.
Per farla breve, stanotte la luce della ragione l'ha abbandonato. Psicofarmaci più alcol hanno scatenato la stizza per il torto ricevuto, è salito al piano di sopra per parlare con le "filosofe" e si è messo a gridare troie di merda e le studentesse analfabete hanno chiamato i carabinieri e poi l'hanno portato via e poi e poi...
E poi il signor Rossi, che ha un paio d'anni più di me, è venuto a dirmi che sì, le filosofe hanno chiamato i carabinieri, ma lui non si ricorda bene cos'è successo. E io ho visto tutto la tristezza del mondo nel suo sguardo perso e sporco, nelle sue ciabatte sgangherate, nel suo vuoto d'anima.
E ho visto tutta l'arroganza e la pochezza del mondo schiacciate di corsa nelle valigie delle filosofe, che stamani alle 5 sono scappate via, e nella voce concitata della proprietaria che non si capacita del "muro omertoso" che noi vicini abbiamo eretto intorno a questo uomo "squilibrato, fuori di testa, che insulta e urla".
Sì, perché nessuno di noi, obiettivamente, vorrebbe lasciare il signor Rossi in bocca ai suoi fantasmi, proprio adesso che rifaremo la facciata.
E in questo ho visto tutto il bene del mondo.
venerdì 13 maggio 2016
Danzando con Mr. Bojangles
Pur nell'elogio della menzogna, in "Aspettando Bojangles" del giovane francese Olivier Bourdeaut, ci dev'essere molta verità. La meraviglia, in senso proprio, della follia, filtrata senza stupore dallo sguardo di un bambino. La stravaganza che "occupa l'intero quadrante dell'orologio, depredando ogni istante". Questa storia d'amour fou non è per tutti, perché per sorriderne e piangerne, probabilmente, è necessaria la traversata della "dolce marginalità", che a volte è amara, amarissima, si incolla ai vestiti, agli odori, ai sapori, alla vita intera.
Breve, struggente, poetico, onirico, improbabile, disperato, ahimè vero. L'ho letto per caso, come molte volte mi capita, quando le storie come questa mi vengono a cercare, mi abitano e non se ne vogliono più andare. Si vede che si trovano bene.
"Quando la realtà è banale e triste, inventatemi una bella storia, voi che sapete mentire così bene".
lunedì 9 maggio 2016
Finzioni analgesiche
Eric Bunge-Mimi Hoang, Roof |
El Equipo de Mazzanti, A limit-less Wall |
M.G. Grasso Cannizzo, Acchiappasogni |
Rural Studio, Sharing |
Carsten Höller, Doubt |
Carsten Höller, Double Sphere |
Osgemeos, Efêmero |
domenica 1 maggio 2016
La meravigliosa compagnia
Sono due mesi che lo voglio scrivere...
Bisogna:
- aver vissuto un po' di anni: ce l'ho;
- amare la Francia (e il
francese): ce l'ho;
- interessarsi di
sociologia: ce l'ho;
- essere femmina: ce l'ho;
- aver voglia di
ripercorrere la storia collettiva dalla seconda guerra mondiale in poi e le sue transizioni: ce l'ho;
- avere in dote un po' di
disincanto e il gusto della parola: ce l'ho.
A questo punto la straordinaria Annie Ernaux
(Il posto, Gli anni, L'onta, L'usage de la photo, Non sono più uscita dalla mia notte)
diventa la voce narrante di tutta la vita possibile.
Mai più senza.
Santiddio, che meravigliosa
compagnia.
Iscriviti a:
Post (Atom)