Bicocca

Bicocca
Fausto Melotti, La sequenza, Milano

mercoledì 7 maggio 2014

A-social

L'esperienza di far parte di un mondo in comunicazione continua, anche non voluta, è per me faticosa. La mia naturale ritrosia, la riservatezza, il gusto della scoperta, il libero arbitrio, anzi, il concetto stesso di scelta - che mi appartiene caratterialmente - sono messi a dura prova ogni giorno. Dalle continue proposte di Amazon di prodotti la cui traduzione ho cercato su Google per lavoro, alle offerte per vibratori o allungapene o creme di bellezza, ai viaggi in ogni angolo del mondo e in strutture di ogni fascia di prezzo (!), alle finte mail che mi chiedono il numero di carta di credito per verificare non so che: gli spunti per scrivere questo post non mancano e peccherebbero anche di poca originalità, lo so. Ma ultimamente è successo, tardivamente, quello che è capitato a moltissimi fruitori dei social network, di ogni genere: mi hanno cercato i vecchi compagni di classe! Una classe di persone che a mala pena si sono rivolte la parola per 5 anni e che se la vorrebbero rivolgere adesso con un piatto di lasagne davanti, per vedere l'effetto che fa. Non mi è bastato non essere utente di Facebook.
Si comincia con una telefonata (sono ancora sull'elenco, ahimé). Stiamo organizzando una rimpatriata (mioddio che brutta parola...) ecc. Presa alla sprovvista, all'ora di cena, soffocata dalle incombenze, balbetto senza entusiasmo un "ah" e, improvvida, fornisco il mio indirizzo e-mail alla squillante interlocutrice, oggi avvocato.
Segue una prima comunicazione dell'organizzatore, che spiega come l'idea sia nata dai soli cinque individui che dopo decenni sono ancora in contatto.
Colta meno in contropiede della prima volta, rispondo garbatamente che sono contenta di risentirlo (eravamo compagni anche alle elementari, diciamo che non sono prevenuta), ma esprimo le mie perplessità sul senso di spendere una serata  con persone che non vedo da così tanto tempo e di cui non ho sentito la mancanza. E che, parimenti, non hanno sentito la mia, di mancanza. Altrettanto cortese, l'organizzatore mi invita a riconsiderare l'iniziativa in modo positivo e mi assicura che mi terrà aggiornata sulla ricerca ("che è più divertente della scoperta"). Cosa ci sia di divertente nello scovare pezzi di passato remoto con cui non si ha più nulla a che fare da un'eternità, non lo so.
E da quel momento, signori miei (come dice il giovane Renzi), si innesca lo spamming, quello vero. Mai diretto a me personalmente, però: piano pianino gente di cui non ricordo nemmeno il nome (sono sconcertata: buio pesto! Com'è possibile che non abbia ritenuto che pochi volti?), "risponde a tutti" dicendosi felicissima e curiosa, ben trovato a Tizio, ben tornato a Caio...
Gira anche un file di Excel con nomi e cognomi, indirizzi e-mail, cellulari, tutti dati sensibili che mi spaventa anche solo leggere.
In casa l'evento suscita un dibattito critico. Qualcuno sostiene che io mi vergogni "della mia vita di merda" (ma figuriamoci! con il mio gradiente di superamento delle prove anche l'amministratore delegato di una certa compagnia di assicurazioni o il magistrato che partecipano a questo assurdo gioco scomparirebbero in un secondo! Mi piace vincere facile...). Qualcuno si stupisce che non provi nemmeno un po' di curiosità per sapere com'è andata a finire (no, non la provo). Qualcuno dice, più verosimilmente, che non mi va di elencare la sfilza di "inciampi" che mi sono capitati, a fronte di successi magari inaspettati. Insomma, mica tanto inaspettati: la mobilità sociale di questo moribondo paese è quella che è: siamo rimasti tutti al nostro posto, chi su e chi giù dalla scala. Amen. Io, per onestà, aggiungo alle motivazioni che non voglio rivedere una certa persona, che però al momento è ancora nella lista dei dispersi, per fortuna.
Sono fatta così, caccio via dal mio circolo sentimentale privatissimo chi mi ha ferito, e il bando è senza scadenza. Nella migliore delle ipotesi perdo l'interesse, ma anche il sempiterno risentimento ha la sua importanza, lo ammetto. 
E così si va avanti, per settimane. L'unica compagna/amica con cui sono in contatto (persa e ritrovata) condivide il mio pensiero e quindi ogni tanto ci scappa una risatina. Lei si ricorda di un tale che oggi è violinista, io trovo due vecchie foto in cui non riusciamo a identificare almeno sei o sette persone, e ci sembra che ci sia anche un intruso: quello piccolo, moro, non era di terza? Emergono brandelli di notizie e di ricordi, gente incontrata per caso in metropolitana, o in un negozio, negli anni: una forse ha adottato un figlio, quell'altra ha preso anche la maturità magistrale e insegna alle elementari, due si sono sposati e poi separati, molti sono diventati fenomeni, ovviamente (date  le premesse di ceto), e quello che mi piaceva ora lavora in banca, è ancora un bell'uomo. L'ho riconosciuto in un video su Youtube (allegato alla sua mail) solo dal suo sguardo. Aspetto ancora che "mi faccia sapere"... La ciellina invece è ancora molesta; la secchiona è finita immeritatamente a fare un lavoro d'archivio, ed era così brava... poverina. C'è anche il solito polemico, che offende il mittente di una mail in cui in calce c'è l'invito a versare il 5 per mille a un'università privata. Già, perché a parte pochissimi, tutti scrivono dal loro indirizzo del lavoro: isitituti bancari, ministeri, aziende varie, studi legali, studi di architettura, studi non si capisce di che, università. I @gmail.com e gli @yahoo.it sono due o tre. 
Ormai la data è certa, come il ristorante e tutto il resto.
Ieri ho ricevuto la prima e unica mail scritta a me personalmente (a parte quella dell'organizzatore): la ragazza che sedeva nel banco davanti mi scrive "per convincermi a partecipare" (sic!) e per chiedermi i riferimenti dell'unico che davvero non sono disposta a rincontrare, a nessun costo. Per educazione butto lì due righe: no, non so che fine abbia fatto (o forse sì, ma direi che non importa, a questo punto) e no, non vengo, preferisco ricordare tutti com'erano. 
Da vivi, mi vien da dire.


5 commenti:

  1. ti appoggio in pieno. questa smania di ritrovarsi tra gente che già allora condivideva poco o niente, e che il tempo non ha certo migliorato, è uno dei motivi per cui sto alla larga dai social network (ho un abbozzo di iscrizione a fb fatto due anni fa in un momento di follia e poi lasciato lì)
    massimolegnani

    RispondiElimina
  2. Molti invece se ne rallegrano. Ma c'è posto per tutti, a 'sto mondo. Grazie per tenermi compagnia!

    RispondiElimina
  3. Condivido anch'io appieno. Tanta è la comunicazione in questa società, quanta altrettanto è la pochezza dei rapporti. Quelli veri, sinceri, profondi, curati e custoditi negli anni, fatti crescere e nutriti come figli. Di quelli sono orgogliosa e gelosa. Dell'altra umanità, quella che dopo 40 anni si ritrova in FB, come si dice, non provo interesse per il semplice motivo che in 40 anni appunto nulla ci ha fatto trovare, in nessun modo e nessun luogo, e oggi il fatto che un mezzo dia questa possibilità non significa che ritrovare quell'umanità sia necessariamente interessante. Anzi. Piuttosto l'unico mezzo che interesserebbe viceversa moltissimo e ancora non c'è, sarebbe un ritrovato per vedere spesso, molto spesso, meglio ancora senza appuntamenti, quell'amica così speciale che scrive in un blog interessante assai. Anurca

    RispondiElimina
  4. Dacché la specialità delle amicizie, ovviamente, non si coltiva in FB. Grazie.

    RispondiElimina