Lidl, sabato mattina. Il supermercato è pieno, coda alle casse. Ormai (o finalmente) anche gli italiani ex benestanti vengono a fare la spesa qui, il risparmio è sensibile; e la qualità
è una variabile che ogni giorno diventa meno importante. Nel parcheggio mi avvicina un signore; è arruffato, con un giaccone aperto, magro. "Mi scusi signora, posso riconsegnare il suo carrello?". Me lo chiede con gentilezza, con dignità, senza aspettarsi niente. Non è il solito rom insistente e villano, è il vicino di casa, il collega, il compagno di scuola. Ringrazio educatamente, non serve, faccio da me. Il signore sorride, si volta, va a riporsi in disparte, come una cosa, vicino al muro, lontano dal viavai, per non disturbare.
Riporto il carrello e mentre cammino la lama del dolore e della vergogna affonda nel mio stomaco. Riaffiora "Il sole dei morenti", di Jean-Claude Izzo, mi manca il respiro, come quando l'ho letto. Mi avvicino al signore e gli passo il pegno di questa mia sofferenza.
Lui puzza di solitudine, di miseria, di alcol, di abbandono, di rinuncia, soprattutto. Sorride ancora, sorride, mi ringrazia. Ci guardiamo. In questo mondo e in tutti i mondi, se gela, è un attimo. Anche lui è scivolato.
Sei brava.
RispondiEliminaHo solo qualche nervo scoperto...
EliminaSiamo così costantemente contornati dalla sofferenza che spesso non ci facciamo più caso. E invece, dovremmo sempre. Brava.
RispondiElimina(Sopravviviamo, credo). Grazie, comunque. Ha più senso, così.
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