Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano

martedì 3 settembre 2013

Vi dichiaro marito e moglie

Inaspettatamente riesco a non perdermi la mostra di Gianni Berengo Gardin (Milano, Palazzo Reale, fino all'8 settembre). Il pomeriggio è ancora estivo e il cielo è quello bello blu di Lombardia, solo quando vuole. Mi rubo anch'io una foto del candore del Duomo; mi tenta sempre, ne ho decine di foto così, in fondo tutte uguali... Ora è più facile di una volta: cellulare, clic... ce l'ho.

Al pianterreno del Palazzo, in una sala in penombra e di cui si intravvede un arazzo alla parete, si celebrano le nozze civili. Fuori, una gran festa. La sposa è musulmana, in bianco ricamato ma con l'hijab di raso che le avvolge anche un immaginabile chignon, una cupola lucente che corona due occhi profondi, truccati in modo appariscente, ormai certi di parlare al futuro. La sorella è alta, coperta dalla testa ai piedi da un abito blu, bianco e oro; chiacchiera con le amiche, tra cui una giovane ragazza italianissima, accaldata e con un bambino addormentato nel marsupio, e con le damigelle vestite uguali, a dire il vero alquanto scollacciate e in bilico su tacchi altissimi. Tutti ridono, gli sposi salgono su un'auto scura, si concorda chi va con chi. 
Bello.

Salgo al primo piano, nel mio mondo, a Milano negli anni Settanta, la rimessa dei tram, i vigili, una certa malinconia negli sguardi, la stazione Centrale, le valigie con lo spago degli emigranti. Me le ricordo. C'è anche Dario Fo. E Castiglioni, con Alessi e la sua teiera. E poi Venezia con la neve, e il sorriso di una ragazza che vola in altalena e mi attraversa. Ci sono i manicomi cancellati da Basaglia, l'umanità venuta male, insultata dallo stato; e infine la posa seria di due bambini in un campo rom, negli anni Ottanta. 
Toccante.

Ripasso davanti alla sala dei matrimoni: esce fra gli applausi una coppia fresca di contratto. Lei è davvero felice, le danza intorno un signore un po' strano, con il codino, claudicante, la solletica a voce alta, la mette un po' a disagio. Per un attimo i nostri sguardi si incrociano, le sorrido, sincera. E lei ricambia, come sorpresa e contenta di vedermi (dubbio: ci conosciamo?). Lo sposo sembra invece che non si orienti, perso in un contesto che non gli appartiene, circondato dai pochissimi invitati. Lui non sorride. Foto di gruppo (piccolo). 
Triste.

Sposto questo velo con un caffè e poi torno al bagliore che rimbalza sul marmo della mia solita, amata, stupenda cattedrale. Mi riconcilio con questa città e i suoi contrasti. C'è dentro proprio un po' di tutto.





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