Bicocca

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Fausto Melotti, La sequenza, Milano

sabato 30 gennaio 2016

Nudi alla meta

Nonostante i buoni propositi, credo che in ciascuno alberghi un piccolo (in taluni grande) baco che si nutre di stupidaggini. Insane tendenze all'eccesso, per esempio alimentare, oppure scivolate di tipo culturale, passioni ingiustificate per argomenti sciocchi o per espressioni di cattivo gusto.
A me qualche volta la notte è male, parafrasando l'immenso Pessimista. Che dio abbia in gloria eterna chi ha inventato il Kindle, insieme al lettore mp3 subacqueo.

Qualche volta però la stanchezza o la ribellione o il semplice desiderio del nulla mi fanno accendere la tv. Intendiamoci, io la tv la guardo veramente poco, ma sta proprio lì il vulnus: la guardo poco e male. Mi lascio tirare dentro da serie televisive poliziesche penose, storie inverosimili, analisi assurde, interviste a personaggi che nemmeno so chi siano e per giunta noiosissimi.

Una sera, e non era notte fonda, tradendo John Banville, ho vissuto di riflesso quello che propina la trasmissione "Undressed", cioè un esperimento sociale. Funziona così: due coppie di sconosciuti si incontrano in uno studio televisivo arredato solo con un letto e un grande schermo. Si spogliano vicendevolmente fino a rimanere in mutande, si accomodano a letto e, guidati da indicazioni o da immagini proiettate di fronte a loro, iniziano a "conoscersi". La comunicazione è sostanzialmente agevolata sul piano fisico (abbracciarsi per un minuto, guardarsi negli occhi, qualche confessione sul proprio passato e, per ultimo, baciarsi, se vogliono). Dopo mezz'ora decidono singolarmente se desiderano continuare la relazione oppure alzarsi, rivestirsi e andare via.

Leggo che lo share di questo programma è salito vertiginosamente, fino a sfiorare il 2%, cioè oltre 370.000 spettatori. Un'enormità. 

Da parte mia, è stata un'esperienza inaspettata, che ho voluto approfondire rivedendo alcune puntate precedenti in Internet: ho vissuto, senza riuscire a staccarmene, l'imbarazzo insostenibile di queste persone (belli, brutte, ciccione, pelati, fighe, palestrati, padri, contadini, performer - che lavoro è??-, giovanette e così via), che abbracciavano o toccavano l'altro con una tensione e un imbarazzo  ai limiti della loro sopportazione e certamente della mia. E io stavo male per loro. Ma tanto male. E però non riuscivo a cambiare canale. Un transfer brutto ma dal quale non riuscivo a sottrarmi, quasi che a giocarmi quella partita così violenta ci fossi io.

Qualche volta l'esperimento finisce bene. I due si baciano con voluttà o leggerezza e vengono "lasciati soli" ancora un po'. Qualche volta se dio vuole i 30 minuti finiscono per entrambi e si respira. Qualche volta uno dice sì e l'altro dice no, non simultaneamente, quindi il rifiutato aspetta 20 secondi per levare le tende con vergogna, soprattutto se aveva proposto di rimanere. 

Ora John Banville è furibondo, giustamente: alla sua scrittura fluida ed ironica, penetrante e mai volgare, e soprattutto altrettanto sociologica, ho mollato un ceffone beffardo. E non per piangere disperata per la centesima volta davanti a "The way we were" o per assistere sognante a un documentario sugli abissi marini. Davvero imperdonabile.

Evidentemente gli ideatori e i produttori di "Undressed" hanno scommesso bene, porca puttana.

E stiamo qui a domandarci perché non passa la legge sulle unioni civili? O perché Salvini e compagnia di giro hanno non solo diritto di parola, ma anche un seguito numericamente preoccupante? 
Voglio scendere.


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