La questione è assimilabile al mal d'Africa. Chi è stato in Irlanda per un po' lo sa: patisce vita natural durante quella sotterranea e insidiosa nostalgia di un posto che ovviamente non esiste più, se non nel proprio vissuto, più o meno aspro. Funziona così. Pensi sempre di tornarci l'estate prossima, o in giugno, quando il sole non tramonta mai, soprattutto pensi sempre di tornare lassù, in Donegal, a Killibegs, a vedere i pescherecci e a sentire la puzza del pescato e le onde grigie e cattive e il vento e il verde. Ma le estati, gli anni, i decenni passano e, se tutto va bene, ci torni una volta o due, e ti perdi fra strade irriconoscibili, paesaggi geneticamente modificati, odori e colori con sfumature che non appartengono più alla tua memoria stratificata, e che pure sembrano dirti ancora qualcosa. Persone dai volti nuovi. Nuove razze, nuove vite.
Nei pomeriggi invernali, allora, quando la malinconia se la batte con la ragione, ti connetti a www.liveireland.com (Radio1, Irish Traditional & Folk), così, solo per sentire un po' di musica e due parole dall'accento fortissimo e convincerti che il teletrasporto emotivo esiste davvero. Poi guardi le foto di quella volta, canticchi il reef velocissimo, guardi il prezzo del traghetto, quest'anno ci vai. Ma da Cherbourg è lunga, se l'oceano è nervoso si vomita per 20 ore. Lasci stare.
Quando succede qualcosa di cui i giornali parlano, ad esempio oggi tutti gridano che l'Irlanda è prima nella lista dei paesi più vivibili al mondo (segue elenco delle motivazioni, che è totalmente inutile, perché non c'è nulla di razionale, c'è solo la smania struggente di essere là e non qua, un vero e proprio futuro passato), allora si accende di nuovo il led del desiderio. A questo si aggiunge il mood letterario. Cerchi di starne alla larga, ma prima o poi ci ricaschi (tanto gli scrittori irlandesi sono tanti e prolifici e molto simili). Stavolta è il turno di Joseph O' Connor, fratello della cantante pelata: ha scritto tante cose belle e, a mio giudizio, anche bene ("La fine della strada", per esempio, ma prima anche "Cowboys and Indians", "Il rappresentante", "Stella del mare", "I veri credenti" e via così). La sua raccolta di racconti "Dove sei stato?" mi sta tirando giù, sempre più giù, perché è tutto così vero e così amaro e così irlandese e così mio. Quindi vado piano, per farlo durare, per stare male ma per bene, così poi si può risalire e aspettare la prossima stagione e la prossima scusa per non sapere che tutto cambia e che dentro di me non cambia mai niente.
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